PHOTOSNEVERSLEEP di SAMUELE SILVA - Fotografia Urbex, Ritratto e Reportage

La Chiesa di Sant’Ambrogio

POSTED ON 11 Mag 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, church

Sant'Ambrogio /02

Questa piccola chiesa è stata una vera sorpresa. Dalle mappe sembra essere dedicata a Sant’Ambrogio e si trova al confine di una proprietà privata, in Lombardia ovviamente. La mia destinazione principale era in realtà la casa vicino, ma una volta arrivato la chiesetta ha subito attirato la mia attenzione. Di fronte all’entrata c’era una colonna di pietra che ostruiva parzialmente l’accesso, seguita da una grata, poi una seconda grata, e infine la porta d’ingresso, che sembrava chiusa.

Provando a infilare le mani tra le due grate ho scoperto che la porta era in realtà solo accostata: guardando all’interno ho capito subito che ne valeva la pena, da fuori l’ambiente sembrava essere molto bello, intrigante, con un dipinto enorme sopra l’altare. Con un po’ di fatica sono riuscito a spostare la grata esterna (era pesante, ma solo appoggiata) e ad aprire leggermente la porta in modo da passare senza forzature e senza danni (al sottoscritto).

L’interno è composto da una navata unica, stretta, con pareti spoglie segnate dal tempo e dall’umidità. Le sedie in legno sono disposte in modo disordinato, ma ancora rivolte verso l’altare. Il pavimento è coperto da foglie secche e polvere, e al centro spicca un vecchio tappeto, sporco e consumato. Dietro l’altare, una grande pala raffigura la Crocifissione, incorniciata da due finestre con vetri colorati che filtrano una luce tenue e fredda. Nonostante lo stato di abbandono si percepisce ancora un’idea di ordine, come se il tempo si fosse fermato, ma con austerità.

Dopo aver scattato le foto sono uscito strisciando e ho rimesso tutto al proprio posto: la grata, la porta e ogni cosa esattamente com’era quando sono arrivato. L’atmosfera della chiesetta era semplice, ma al tempo stesso sofisticata. Forse proprio perché è stata una scoperta del tutto inaspettata, l’ho trovata ancora più affascinante di quanto sia in realtà.

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Sant’Anna delle Stelle

POSTED ON 4 Mag 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, church

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Il sottotitolo potrebbe essere: una chiesa, due testardi e la pioggia. E sarebbe perfetto, avessi lo spazio per un sottotitolo. Quel giorno eravamo in giro per un itinerario ben definito, tempi decisi con il cronometro, ma una deviazione veloce ci ha portati nei paraggi di un pin segnato tempo fa come poco interessante. Era lì, nella mappa dei luoghi di scorta, quelli che in teoria non valgono la fatica: sono segnati in giallo. E invece, per una volta, ha funzionato.

Arrivati sul posto abbiamo subito capito la situazione: struttura blindata alla meno peggio, qualche cartello di pericolo (ma il pericolo è il nostro mestiere), facciata sbilenca, nessun tetto. L’edificio sembrava reggersi più per inerzia che per struttura. L’unico accesso era un varco alla base della porta principale, di quelli che ti fanno chiedere se hai davvero voglia di strisciare tra calcinacci e polvere per una foto. Dopo aver sbirciato dal buco abbiamo deciso che avremmo dovuto correre il rischio (dopo aver dato un’ultima occhiata al cartello di pericolo crollo).

Dentro la scena era surreale: travi spezzate, tavole ovunque, erba cresciuta libera e indifferente, pietre. I resti del tetto pendevano ancora in alcuni punti, come se stessero riflettendo sul momento giusto per venire giù, non sul se, ma sul quando: abbiamo sperato di non essere noi il momento giusto. Appena aperto gli zaini ecco che inizia a piovere. Forte. Troppo forte. Due scatti al volo con poca attenzione, massimo allerta. Io non mi sono spinto oltre la porta: troppo rischioso, troppo bagnato, poca voglia. Appena ho potuto, sono uscito di nuovo, passando a fatica per lo stesso buco da cui ero entrato: certi pertugi non sono pensati per la mia altezza.

Poi la pioggia si ferma, quasi per prenderci in giro, per sfottere. Lorena è ancora dentro, con coraggio si sposta verso il fondo della chiesa: le chiedo com’è la situazione. Mi dice che la visuale dal centro è interessante. Traduco: “Muoviti, vieni a vedere anche tu”. A quel punto, mi tocca rientrare: mi rimetto a carponi e passo di nuovo dal varco, stavolta fradicio e poco elegante. E aveva ragione. La scena valeva la fatica: il rosone centrale è perfetto, incorniciato da macerie e travi ed è, incredibilmente, ancora intatto. In mezzo al disastro, spicca come un occhio aperto sul cielo grigio.

Il nome originale della chiesa non lo conosciamo. Lorena ha deciso di chiamarla Sant’Anna delle Stelle, ispirandosi a un campeggio lì vicino e a una parete decorata con motivi che ricordano un cielo notturno. Nessuna leggenda, nessuna epica dimenticata. Solo detriti, pioggia e qualche dettaglio che resiste. Non sappiamo quanto starà ancora in piedi. Ma anche un posto segnato come non prioritario può regalare qualcosa, se ci passi al momento giusto. Basta essere disposti a strisciare due volte nello stesso buco. E se ti crolla in testa… era il momento sbagliato.

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Chiesa di Sant’Antonio

POSTED ON 19 Apr 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, church

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La chiesa di Sant’Antonio si trova quasi nascosta tra le colline, lungo una strada poco frequentata, una strada di campagna, tutta curve e lontana dal mondo. Non è visibile dalla strada, quindi ho parcheggiato abbastanza lontano e ho iniziato a salire su una piccola, ma ripida, collina. Il terreno era irregolare e pieno di rovi e alberi, e quando sono arrivato in cima avevo il fiatone per la fatica. Nonostante il sole, il freddo era pungente, come se l’aria gelida di febbraio mi volesse tenere ancorato al terreno. Ma appena l’ho vista, tutta stanca e abbandonata, mi sono sentito subito attratto da quel posto solitario (avrei detto, ironicamente, dimenticato da Dio).

Le mura erano rovinate, lesionate in più punti, e il pavimento era pieno di calcinacci e detriti. Il soffitto, invece, era ancora intatto, anche se crepato in alcuni tratti, ma restava sorprendentemente bello. L’interno era sporco e polveroso, ma l’altare, anche se logorato dal tempo, e i dettagli del soffitto decorato si vedevano ancora. La luce del sole filtrava attraverso la porta principale e una laterale, creando un interessante gioco di ombre sulle pietre e sul pavimento. Il silenzio che c’era dentro dava un senso di calma, di pace interiore, come se il tempo fosse sospeso. Non so quanto tempo ancora resisterà, ma quel che resta oggi della chiesa è un pezzo di fede e di passato che, lentamente, sta svanendo.

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La chiesa del cielo

POSTED ON 11 Apr 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, church

La chiesa del cielo /06

Era il 2020 quando mi trovai per la prima volta davanti a quella piccola chiesa abbandonata, accanto al palazzo che avevo chiamato Il Cielo all’improvviso. La porta era chiusa. Non c’era modo di entrare. L’esplorazione finì lì, lasciando una parte in sospeso.

Cinque anni dopo, nel 2025, ci sono tornato. Questa volta sapevo che la porta sarebbe stata aperta. Finalmente si poteva accedere. La chiesa è minuscola, l’interno completamente spoglio. C’è solo un altare, danneggiato in più punti, e un paio di lapidi incassonate nelle pareti, ingiallite dal tempo. Dentro regnava un silenzio assoluto. Fuori, sulla piazza accanto, si sentivano le voci allegre di bambine che giocavano. Ridevano, correvano. Io, invece, ero immobile, cercavo di non fare alcun rumore. Non solo per rispetto alla sacralità del luogo, ma per non farmi scoprire: qualsiasi suono avrebbe potuto essere percepito all’esterno. Quel contrasto tra la vita fuori e il vuoto dentro rendeva tutto stranamente irreale, quasi inquietante.

Ho scattato sei foto. Poche, ma bastano. Rappresentano l’ultimo pezzo mancante dell’esplorazione cominciata cinque anni prima: il cerchio, finalmente, si è chiuso.

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Chiesa della Beata Vergine Addolorata

POSTED ON 27 Mar 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, church

Chiesa della Beata Vergine Addolorata

Durate il girovagare urbex capita, non di rado, di imbattersi in luoghi intriganti, almeno da lontano. Mentre andavamo alla ricerca di una piccola chiesa abbandonata ci siamo trovati davanti a una costruzione che inizialmente non riuscivamo a identificare. Ci siamo avvicinati e abbiamo scoperto che si trattava di una piccola cappella, chiusa con una porta in metallo e un lucchetto nuovo, segno di un accesso precedente, anche recente. Da fuori, una piccola finestra ci ha permesso di intravedere l’interno della chiesa, e questo ha aumentato il rammarico. Ho comunque deciso di fotografare con l’obiettivo da 14mm, sfruttando un diaframma aperto (comunque con il grandangolo la parte a fuoco è estesa) e alzando gli ISO per compensare la scarsa luce: nessuna intenzione di armeggiare con il treppiede, troppo complicato. Nella foto ho lasciato visibili le sbarre della finestra, per far comprendere che questa bellezza è stata fotografata dall’esterno. La chiesa è dedicata alla Beata Vergine Addolorata, ma viene chiamata in zona Madonna dei Campi. A volte, anche un’esplorazione parziale può raccontare qualcosa, magari solo da lontano.

All’interno della chiesa, gli affreschi sulla parete sinistra mostrano una Madonna in trono con il Bambino, databile al XIV secolo, accanto a un uccellino, inserita in una nicchia con fondo curvo. Più a sinistra, un altro lacerto d’affresco raffigura un frate francescano, il cui busto è stato recentemente strappato. Il presbiterio, sopraelevato rispetto alla navata, ospita un altare barocco con decorazioni in stucco e volute colorate. Dietro l’altare, resta visibile un frammento della Madonna Addolorata. Accanto all’altare, sono dipinti due profeti, identificabili rispettivamente con Davide e Geremia.

Santa Maria prega per noi

POSTED ON 21 Mar 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, church, fish-eye

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Si prega per noi, che ne abbiamo bisogno. Anche se ho l’idea che serva davvero a poco, più probabilmente a niente. Questa affascinante chiesetta, originariamente più grande, ha subito nel corso dei secoli diverse modifiche strutturali. Alcuni documenti storici risalenti al 1590 descrivono l’edificio come composto da due navate, due absidi e due altari. Tuttavia, nel 1681, a causa delle gravi condizioni di degrado, fu intrapreso un restauro radicale che comportò la demolizione della navata laterale e della relativa abside, nonché il consolidamento delle pareti.

L’abside della chiesa, particolarmente affascinante, è ampia e ha un diametro di ben sei metri. È composta da una bellissima volta a cinque spicchi e, contro il muro, l’altare principale è decorato con stucchi in stile tardo-cinquecentesco, risalenti però al 1680. Sotto l’intonaco riemergono frammenti degli antichi affreschi, coperti con l’imbiancatura eseguita nel corso di un restauro settecentesco; un affresco rovinato in più punti che ritrae San Francesco d’Assisi mentre riceve le stimmate si nota ancora vicino alla porta laterale.

La foto che ho scelto come copertina è stata scattata con un obbiettivo fish-eye, il Sigma 15mm, che porto sempre con me (ha sempre uno spazio nello zaino). Devo ammettere però che ultimamente lo sto usando meno, forse anche a causa del tipo di esplorazioni in cui mi sto avventurando. In alcuni ambienti, però, il fish-eye riesce a rendere la scena più affascinante e intrigante. Quando si tratta di spazi angusti, come una piccola chiesa, la distorsione dell’ampio campo visivo unito alle rotondità tipiche di questi elementi architettonici creano un effetto molto interessante. È proprio questo che trovo affascinante, la due immagini scattate con quest’ottica mi piacciono molto perché riescono a catturare perfettamente l’atmosfera del luogo, e sono decisamente diverse dalle altre, risultando quasi illuminanti. Non è un’ottica fondamentale ovviamente, ma in certe situazioni, ma soprattutto in certi ambienti, può davvero fare la differenza.

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