Ho scattato questa foto l’anno scorso, a Venezia. Erano i giorni del carnevale (ricordo il freddo incredibile) e, camminando per le calle, mi sono accorto di questo scorcio urbano: sei, forse sette tipologie di disegno diversi, colori e texture che si incrociano senza simmetria apparente, senza nessuna logica architettonica. E poi l’idrante rosso, la stella di Natale, un riflesso, il graffito ed una frase d’amore (con un doppio articolo davvero strano). Una foto confusa, carica di elementi ma anche bilanciata e viva, intensa, che conservo da oltre un anno per poterla pubblicare il 14 febbraio. Perfetta per il giorno di San Valentino, la festa degli innamorati. E posso e voglio dirlo anche io, senza paura, che TI AMO X TUTTA LA VITA. ;-)
Quando ho visto questa foto mi è subito tornato alla memoria un bellissimo film francese, di una ventina di anni fa, con Daniel Auteuil e una giovanissima (e bellissima) Emmanuelle Béart: “Un Coeur en Hiver“. Una struggente storia d’amore (e non), solitudine e poesia. E il freddo della laguna, e il gondoliere e la nebbia che circondavano Venezia nelle prime ore del mattino mi hanno fatto rivivere l’atmosfera melanconica di quel film. E il titolo della foto, in francese, è un omaggio a uno dei film più tristi che io abbia mai visto.
E finalmente l’ultimo post dedicato al Carnevale di Venezia. Contenti? Devo ammettere che la quantitá di scatti interessanti che si possono cogliere in piazza San Marco durante i giorni del Carnevale é incredibile. Basta girare la macchina.foto e subito ecco spuntare una nuova bellissima maschera. E in queste foto mi piace tantissimo la maschera da gatto che, in primo piano, guarda a destra con aria sorniona e di sfida.
La bauta è la sintesi e la maschera più tipica della Venezia del Settecento. La sua particolarità consisteva nel poter essere indossata sia durante il carnevale sia nella vita quotidiana come un comune accessorio (anche se esistevano precise limitazioni stabilite a volte dalla legge). La sua semplice e principale funzione era quella di nascondere il volto. La bauta permetteva anche grazie alla particolare forma di alterare in parte la voce e quindi essere ancora meno riconoscibili e allo stesso tempo riuscire a bere e mangiare senza aver bisogno di levarla. A Venezia tra il XVII e il XVIII secolo indossare una bauta era ormai uno status-symbol tanto che educazione voleva che il rispetto o il saluto era dovuto e cortese a ogni maschera, appunto perché non si poteva subito conoscere chi fosse a indossarla, personaggio di spicco o semplice popolano. […]
I colori del carnevale Veneziano sono qualcosa di pazzesco. E’ bellissimo vedere le maschere camminare per le Calle, in Piazza San Marco, sul lungomare di Riva degli Schiavoni per mostrarsi a turisti e fotografi (io fingevo entrambe le parti). E’ uno show di colori, di travestimenti, di costumi (e di bancarelle che vendono colori, travestimenti, costumi). E nei pressi di Piazza San Marco, proprio di fronte alla laguna, c’era questa ragazza, con un costume da giullare interamente verde che, agganciata ad un lampione, si muoveva come una consumata attrice ad uso e consumo delle macchine fotografiche. Ho scattato qualche foto e mi sono allontanato; mentre riguardavo le immagini (maledetto vizio dei fotografi digitali) mi sono accorto dei bellissimi occhi verdi/azzurri e sono tornato indietro per provare a scattare qualcosa di meglio. E questo è il risultato.