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La Villa del Patriota
POSTED ON 25 Apr 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, mansion

La Villa del Patriota /25

La Villa del Patriota è una di quelle esplorazioni urbex che lasciano il segno. Mi era stata consigliata con entusiasmo, e non a caso: questa villa incarna perfettamente il fascino della decadenza e dell’antico. È una dimora molto datata, e lo si percepisce subito.

Appena entrati si viene immersi in un passato lontano. Gli oggetti rimasti risalgono ai primi del Novecento, quindi a oltre un secolo fa. La villa deve il suo nome alla presenza, nella stanza principale, di un quadro raffigurante Mazzini e Garibaldi. Quella stanza, vista in precedenza in alcune foto, è decorata con una tappezzeria azzurra a quadretti che ricorda le tovaglie tipiche delle case di campagna italiane. Un dettaglio semplice, ma difficile da dimenticare.

Ho esplorato ogni angolo della casa con attenzione. Ogni ambiente sembrava raccontare una storia. Il bagno conserva ancora un sanitario dei primi anni del secolo scorso, le piastrelle sono quelle di una volta, e la sala da pranzo è ricca di oggetti antichi: una cartina del Touring Club Italiano (con la pubblicità della benzina Lampo) e l’annuario generale 1932-33, scatole di tonno d’epoca, vecchi biglietti da visita, lettere e volumi antichi. Alcuni di questi oggetti non li ho fotografati, per rispetto della privacy, vista la presenza di nomi e dettagli personali.

Poco prima di uscire ho avuto una strana sensazione, come se mancasse qualcosa. Un ricordo sfocato, ma insistente, mi riportava alla stanza con la famosa tappezzeria azzurra. La mia memoria, solitamente labile, ha avuto la meglio sulla fretta. Così ho deciso di tornare indietro e controllare di nuovo. Ho perlustrato la casa più volte, senza successo. Eppure quella stanza doveva esserci, ero sicuro. A un certo punto ho pensato alla scala secondaria, mi era sfuggita. In cima, due stanze. Una era quasi vuota, conteneva solo un baule pieno di fogli, libri, spartiti musicali. L’altra, invece, era esattamente quella che stavo cercando: non avrei mai pensato fosse così isolata.

Quella stanza è il cuore della villa. Anche se in condizioni precarie, sporca, con mobili rotti, muffa sul pavimento e oggetti sparsi, conserva un’atmosfera delicata. Sulla parete troneggia il quadro con Mazzini e Garibaldi (pensiero ed azione) che dà il nome alla casa. Il disegno sembra ricalcare uno stile patriottico tipico di fine Ottocento, in cui Mazzini e Garibaldi (o altri padri fondatori dell’Unità d’Italia) vengono inseriti in una cornice decorativa con alloro e strette di mano, a celebrare l’unione e l’ideale nazionale. Queste stampe erano comuni nelle case italiane tra fine ‘800 e primo ‘900, soprattutto in ambienti borghesi o popolari con forti sentimenti risorgimentali. Non è una delle immagini più famose in assoluto, ma rientra in un filone molto diffuso: illustrazioni e stampe commemorative realizzate dopo l’Unità d’Italia, spesso distribuite in occasione di anniversari o ricorrenze. La litografia originale, datata 1874, è in mostra al Museo del Risorgimento di Torino.

Intorno, un insieme eterogeneo di oggetti: un paio di scarpe, un ombrello rotto, vecchi libri, una croce, due bauli devastati, un brutto uccello impagliato. Ogni dettaglio racconta un frammento di passato. Uno dei documenti trovati riportava la data: 1919. Si trattava di un quaderno di scuola elementare, scritto da una bambina, un dettato sull’acqua. Questo mi ha fatto riflettere su chi potesse aver vissuto lì. Forse persone che avevano conosciuto direttamente il periodo post-unitario, o che ne avevano comunque conservato una memoria forte. È affascinante pensare che queste stanze siano l’eco di vite lontane, eppure ancora presenti nei segni lasciati tra quelle mura.

È stata una visita intensa, ricca di suggestioni. Un frammento di storia e memoria sospeso nel tempo, difficile da dimenticare. Oggi è il 25 Aprile e si festeggia la liberazione dalla tirannia nazi-fascista, ma il patriota mi ha fatto pensare a questi oltre 150 anni di Unità d’Italia: che sia il Risorgimento oppure la Liberazione, per guardare al futuro con fiducia è fondamentale non dimenticare il passato e le persone che hanno dato la loro vita per la Patria.

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Villa Libarna
POSTED ON 16 Apr 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, mansion

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Villa Libarna, conosciuta anche come la villa degli otto comignoli (ma quel giorno ero senza drone), è un enorme palazzo abbandonato che si trova in Valle Scrivia. Non è certo una meta che vale un viaggio apposta, ma se si è in zona, una tappa ci sta. Tra rovine, ristrutturazioni mai finite e stranezze architettoniche, qualcosa da vedere e fotografare non manca.

Ci sono stato due volte. Alla prima mi sono infilato dentro per esplorare tra stanze spoglie e corridoi pieni di nulla e polvere. L’edificio porta i segni di un restyling moderno – di quelli che iniziano male e poi finiscono anche peggio – che ha tolto fascino all’originale senza riuscire a regalarne uno nuovo. Nonostante tutto, qualcosa colpisce: alcuni soffitti affrescati ancora ben visibili, realizzati dal pittore locale Clemente Salsa (1885-1979), scritte e graffiti sparsi ovunque, e soprattutto tre bagni che ti fanno dire: aspetta un attimo, cos’ho appena visto? In uno c’è perfino una stranissima vasca in marmo che sembra finita lì per sbaglio, un pugno in un occhio. E poi ci sono le ali, già le ali. Le chiamo così, ma in realtà si tratta un brutto graffito con due ali d’angelo: molti si mettono in posa per il classico selfie alato. No comment.

Alla seconda visita mi sono deciso a cercare meglio (grazie a un suggerimento dal basso). E per fortuna: al primo piano, ben nascosta (si scherza), c’è una piccola chiesa interna. Nella prima esplorazione me l’ero proprio persa (colpa della solita fretta). È in cattivo stato, ma fa ancora un certo effetto. Il soffitto, per quanto segnato dal tempo, è bello e decorato. L’atmosfera lì dentro è un po’ strana: sembra di essere in un luogo sacro, ma trascurato, come se fosse stato chiuso all’improvviso e lasciato lì a se stesso. Un mix tra solennità e decadenza, di sacro e profano, antico e moderno, che ti fa fermare in silenzio, giusto il tempo di respirare un’aria diversa.

Villa Libarna è così: un posto pieno di contrasti. Rovinata ma interessante, alterata ma ancora in parte affascinante. Non è il classico luogo da cartolina, è un vuotone, ma se ti piacciono i luoghi abbandonati, le storie lasciate a metà e gli ambienti fuori dal tempo, allora un giro vale la pena. Io ci sono tornato due volte, e non escludo una terza. Scherzavo, non ci sarà una terza.

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Le dernier match
POSTED ON 11 Apr 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, mansion

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Nel cuore del sud della Francia, nascosta tra alberi e sterpaglie, al confine di una piccola città, abbiamo esplorato una villa abbandonata immersa nella natura. La struttura, in pietra e legno, conservava tutto il fascino autentico delle baite di montagna, nonostante la vicinanza al mare, e sembrava essere stata lasciata lentamente al trascorrere del tempo.

Fin dai primi passi all’interno, l’atmosfera appariva sospesa, come cristallizzata. Sul tavolo principale si vedevano ancora i resti di una partita a carte, bruscamente interrotta: le dernier match mi ha suggerito il mio amico francese. Accanto, tra oggetti sparsi — un vecchio telecomando, bicchieri, liquori — spiccava una meravigliosa bottiglia di Martini, capace ancora oggi di trasmettere quel senso di eleganza semplice e inconfondibile tipico dello stile del Bel Paese. Sulle scale, una giacca abbandonata sembrava raccontare di una fuga improvvisa, rafforzando l’impressione che tutto fosse stato lasciato di corsa. Anche in Francia l’amore per la costruzione e l’arredo si miscela perfettamente con le storie che le case custodiscono.

Proseguendo nell’esplorazione, siamo arrivati a una cameretta. Qui la muffa era particolarmente estesa: le pareti e il soffitto erano coperti da profonde macchie scure di umidità. Sul letto era appoggiata una vecchia valigia, mentre su una sedia accanto due orsacchiotti ci osservavano silenziosi, contribuendo a rendere l’ambiente ancora più inquietante. Al centro della stanza, un cavallo a dondolo di peluche, sporco e consumato, sembrava resistere al decadimento circostante. Tra tutti gli oggetti, però, quello che più colpiva era una maschera da saldatore. Un oggetto tecnico, ruvido, totalmente fuori contesto rispetto all’ambiente domestico, che dava una sensazione straniante, spezzando l’equilibrio della scena.

Nel garage, tra la polvere, la ruggine e vecchi oggetti accatastati, si trovava una Panhard 24, affascinante esempio di ingegneria e stile degli anni ’60; il frutto della visione audace della storica casa automobilistica francese. Simbolo di eleganza essenziale e innovazione tecnica, questa coupé compatta, anche in stato di abbandono, conservava ancora un’aura raffinata e anticonvenzionale. Purtroppo nonostante la qualità costruttiva e la bellezza delle sue linee, la Panhard 24 non riuscì a conquistare il mercato, segnando di fatto la fine di una delle più antiche case automobilistiche francesi. Uscendo dal garage, abbiamo dato un’ultima occhiata alla casa. Era ancora lì, immobile, come sospesa. Sembrava che nessuno avesse mai avuto davvero il coraggio di concludere l’ultima partita. Adieu.

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Villa Glass
POSTED ON 8 Apr 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, mansion

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L’Urbex consiste nell’esplorare luoghi abbandonati, spesso carichi di storia. Molto affascinanti sono le esplorazioni in case antiche, piene di affreschi, mobili d’epoca e dettagli che raccontano un passato che non abbiamo vissuto con i nostri occhi, un passato lontano. Ma esiste anche un altro tipo di luoghi abbandonati che trovo altrettanto interessante: quelli più recenti, costruiti nell’ultima parte del Novecento. Edifici che, pur appartenendo a un’epoca moderna, conservano un certo fascino retrò e raccontano un’architettura forse superata, ma ancora capace di affascinare.

Villa Glass è un’ottima rappresentazione di questa seconda tipologia di esplorazione. Una villa costruita negli anni ’70 o ’80, caratterizzata da elementi moderni come grandi vetrate e spazi luminosi. La particolarità di questa casa è che, pur essendo moderna, porta con sé un’aria vintage tipica di quegli anni. Deve il suo nome proprio alla grande quantità di vetro presente nella struttura, che le conferisce un aspetto elegante e futuristico.

Ciò che mi ha affascinato maggiormente sono i dettagli unici e particolari sparsi tra le varie stanze. I bagni, per esempio, sono straordinari: pareti vivacemente colorate (tornate prepotentemente di moda negli ultimi anni) e sanitari storici Ideal Standard, la sempre eterna Conca, che richiamano lo stile inconfondibile di quell’epoca incredibile. Ma ciò che più mi ha sorpreso è stato il rubinetto: un miscelatore davvero speciale, un autentico pezzo da collezione. Si tratta della serie Box di Stella Rubinetterie, uno dei primi miscelatori a cartuccia progettati per sostituire i tradizionali rubinetti a vitone. Non lo avevo mai visto dal vivo, ma ne avevo sentito parlare: all’epoca era un articolo di grande valore. Questo particolare modello, presente in versione gialla e dorata, aggiungeva un tocco di lusso e raffinatezza alla casa. Per gli appassionati di design, un vero gioiello.

Oltre ai bagni, l’intera villa presenta un design che unisce modernità e comfort. Le vetrate immense che dominano le pareti, il lampadario Maskros di Ikea, i divani dalle forme morbide che segnano il distacco dallo stile classico, e la cucina integrata con la zona giorno raccontano perfettamente l’idea di una casa moderna, proiettata verso il futuro. L’open space del piano terra, dove ambienti diversi si fondono e sovrappongono, dona alla villa un senso di libertà e luminosità che resta estremamente attuale ancora oggi.

Villa Glass non è una dimora storica che emoziona con memorie antiche, ma è una casa che lascia una testimonianza autentica di un’epoca che, pur essendo relativamente recente, ci appare ormai lontana e quasi irreale. Eppure il suo fascino rimane intatto, ben visibile nonostante il decadimento e l’abbandono. Ammetto che questo tipo di modernità non mi lascia indifferente: anche il design contemporaneo può essere una bellezza senza tempo.

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Villa Ardesia
POSTED ON 6 Apr 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, mansion

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Il proprietario di questa villa, a quanto si racconta, era titolare di alcune cave di roccia nella zona, da qui il nome: Villa Ardesia. In fondo alla casa è ancora presente un vecchio calendario, che permette di riconoscere dove ci troviamo, utilizzando un termine dialettale tipico di queste parti: l’anno è il 1977. La villa è rimasta abbandonata e chiusa per almeno vent’anni. Ho tentato di esplorarla per ben due volte prima di riuscire, la terza, ad entrare.

Al primo tentativo ho trovato la villa completamente chiusa. La porta era blindata e non c’erano vie d’accesso: le ho provate veramente tutte (rimanendo nella legalità ovviamente). Un anno dopo sono tornato casualmente in zona e ho deciso di effettuare un secondo sopralluogo, ma anche in quell’occasione nulla da fare. Qualche tempo dopo una voce dal mondo urbex: si entra dalla porta principale; preso dalla maledizione di Villa Ardesia, una mattina d’inverno sono partito e, arrivato sul posto, la porta era effettivamente spalancata.

L’interno, però, era molto diverso rispetto alle immagini che avevo visto. La villa era buia e pesantemente vandalizzata: si respirava umidità e odore di muffa, gli oggetti erano stati spostati, alcuni elementi erano scomparsi: le statuette del presepe non c’erano più. Nonostante il disordine alcuni dettagli importanti erano ancora presenti: una bicicletta rosa da bambina, alcuni peluche, un vecchio telefono che non squilla più. La cucina era ancora bellissima, ma in particolare, mi ha sorpreso la sala principale, con il soffitto affrescato, che un tempo doveva rappresentare il punto di maggior prestigio della villa. Dopo aver finito di fotografare sono uscito in strada, il freddo era pungente, mi sono voltato un’ultima volta verso l’ingresso: considerando la posizione isolata e il degrado avanzato, credo che difficilmente qualcuno tornerà ad occuparsi di questa villa.

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La Villa della Sposa Bambina
POSTED ON 4 Apr 2025 IN Reportage     TAGS: URBEX, mansion

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Arriviamo alla villa e la scena è tutt’altro che serena. Piove a dirotto, un temporale che non lascia spazio a dubbi. Fa un freddo cane. Davanti al cancello, poco prima del nostro arrivo, si è verificato un tamponamento a catena. Le pattuglie della polizia, i pompieri e l’ambulanza sono lì a gestire la situazione, creando un’atmosfera che definire caotica è forse riduttivo. Le nostre aspettative non sono elevate. Il contesto non promette nulla di particolare, ma nonostante le forze dell’ordine dietro l’angolo decidiamo comunque di entrare. La porta è aperta, la villa ci accoglie con la sua decadenza e un livello di confusione molto importante; le stanze sono immerse in un disordine che le rende difficili da esplorare. La sala da pranzo nelle foto sembra intrigante, ma solo perché fotografata nella zona in ordine. Sono scelte di ripresa, la fotografia talvolta può ingannare.

Un’altra stanza attira la mia attenzione. Un camino e due poltrone dallo stile raffinato. Sopra al camino noto un piccolo quadro: una sposa bambina. Non ci dò molta importanza, la fotografo per caso, senza riflettere. Quando un altro esploratore pubblica le sue foto e definisce la villa come della sposa bambina, qualcosa cambia nella mia percezione. Quel titolo diventa improvvisamente carico di significato, e senza pensarci troppo decido di adottarlo.

Ci spostiamo in un’altra stanza. Qui l’ambiente è ancora, se possibile, più caotico, tanta confusione, mobili gettati alla rinfusa: sono già sicuro che sarà un’esplorazione più interessante in fotografia che dal vivo. Quando saliamo al piano superiore, la scena cambia. Le stanze sono vuote, in uno stato di abbandono totale, ma c’è qualcosa che non ci aspettiamo. Due poltrone gonfiabili, trasparenti, anacronistiche rispetto all’atmosfera decadente che ci circonda. La loro presenza ci colpisce, sono fuori tempo, come se non appartenessero a quel luogo.

Decidiamo anche di scattare un selfie su quelle poltrone gonfiabili, ma non amo pubblicare immagini personali in contesti urbex. Non lo faccio quasi mai e questa foto rimarrà nel mio archivio, lontana dagli occhi del mondo.

Quando usciamo dalla villa la pioggia è ormai incessante. Ci dirigiamo verso il cancello, ma ci sono i vigili urbani che dirigono il traffico dopo l’incidente. Non ci scomponiamo (ci limitiamo a bestemmiare). Facciamo il giro largo e ci ritroviamo a uscire completamente bagnati. Non è un’uscita elegante, e nemmeno asciutta, ma è parte integrante del gioco (e le bestemmie pure). Inizialmente, la sensazione che porto con me è di delusione, ma quando rivedo le foto, con un po’ di sorpresa, scopro che ci sono diversi scatti che meritano attenzione. Ed eccoci qua, ecco, in tutta la sua meravigliosa decadenza, la Villa della sposa bambina.

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