In centro a Mondovì c’è una bellissima (e utile) scalinata che collega via Montegrappa a via della Cornice. E’ molto strana perché interamente ricoperta di bellissimi graffiti. Mi ha colpito in modo particolare una bambina con palloncini: non certo un’idea nuova, si tratta più che altro di un tentativo di imitazione del celebre Bansky, artista inglese famoso per i suoi graffiti; probabilmente il più conosciuto autore di street-art del mondo. L’originale si trova sulla barriera di separazione che divide Cisgiordania e Israele e rappresenta la voglia di aggirare il muro, la voglia di fuggire dalla guerra. E’ un graffito molto forte, potente, e sapere che quelle idee siano nel cuore di Mondovì mi regala una sensazione di libertà e di voglia di fuggire all’oppressione che mi rende felice e leggero. Vorrei che le persone che percorrono quella scalinata potessero capire l’importanza ed il valore di quello che a prima vista sembra un semplice e colorato disegno. Il titolo del post è una dedica a Nena e alla sua più celebre hit (anche l’unica probabilmente): 99 luftballons. La canzone è stata scritta nel 1983, in uno dei momenti più critici della Guerra Fredda, e parla di palloncini che superano il muro (nel caso il muro di Berlino). E’ un allarme, un monito contro la guerra. E credo che tutte queste combinazioni positive debbano far riflettere e possano anche meritare una foto, semplice ma importante.
San Valentino, la festa degli innamorati. E’ incredibilmente odiata da tutti (o quasi) ma credo che sia necessaria: per ricordare, almeno una volta l’anno, quell’amore sdolcinato nel quale siamo caduti (fallen in love) un po’ tutti nella vita. E per l’occasione tiro fuori dal cassetto due graffiti inneggianti all’ammmore. Sono due immagini assolutamente didascaliche, quasi inutili: la prima catturata ad Imperia durante una passeggiata sul mare, la seconda invece è una foto urbex direttamente dall’ecomostro delle nevi. E per quanto possa essere un gesto incivile e censurabile credo che il graffito inneggiante all’amore sia, nel nostro mondo privo di valori, un’ultima apprezzabile vena di romanticismo reale. E vive all’ombra di quella paura di essere sorpresi mentre si dimostrano i propri sentimenti. Una parte di adrenalina, una parte di amore: una miscela veramente esplosiva e al quale l’uomo, suo malgrado, non sa resistere.
Sul promontorio che domina Costa Rei, nel comune di Muravera, si erge una villa abbandonata chiamata da tutti La Villa della Contessa. Quando si è in questa zona della Sardegna, celebre per le sue spiagge e per il clima, difficilmente passa per la testa di avventurarsi in un luogo abbandonato. Ma era settembre, pioveva, e andare in spiaggia non era fra le opzioni consentite. Ho deciso quindi (mio malgrado) di dedicarmi all’esplorazione urbex.
La
Villa della Contessa è abbandonata da tantissimi anni, decenni direi. E’ completamente
distrutta, i muri interni sono state buttati giù, i
graffiti (alcuni anche di pessimo gusto) sono ormai su tutti le pareti e lo scorrere del tempo si nota anche dalla tipologia delle scritte: la morte di
Kurt Cobain deve aver lasciato un segno molto importante da queste parti. La vegetazione ha completamente invaso il giardino e le aree circostanti: per entrare nella casa è necessario farsi largo tra edera, arbusti e rovi. Tanti rovi.
Dentro non è rimasto quasi nulla, la vasca in ghisa è stata riempita di mattoni e calcinacci; nel tempo qualcuno si deve essere parecchio divertito con la mazza. Chissà con quale gusto poi. La pavimentazione del porticato ricorda la moda degli anni ’70 e della idea originale di abitazione non è rimasto quasi più nulla: si riconosce il bagno per via degli attacchi idraulici e poco altro. La vista sulla Costa è però ancora qualcosa di incredibile e lascia spazio all’immaginazione. Sulle pareti si legge una scritta: “Lasciare libero il paesaggio“. E forse questo è l’insegnamento più importante che ci lascia la Villa della Contessa.
La villa in passato doveva essere molto bella: si possono vedere ancora oggi la piscina, il porticato con le colonne e la veranda che dà sul paesaggio della costa. Su chi fosse la “Contessa” non ci sono informazioni certe. Le leggende del posto dicono che fosse una donna del nord Italia, molto ricca, che, in seguito alla morte del figlio (secondo alcune versioni della storia affogato proprio in quella piscina; secondo altre morto in un incidente stradale), disperata lasciò la Sardegna, abbandonando la sua bellissima villa.
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Ho scattato questa foto l’anno scorso, a Venezia. Erano i giorni del carnevale (ricordo il freddo incredibile) e, camminando per le calle, mi sono accorto di questo scorcio urbano: sei, forse sette tipologie di disegno diversi, colori e texture che si incrociano senza simmetria apparente, senza nessuna logica architettonica. E poi l’idrante rosso, la stella di Natale, un riflesso, il graffito ed una frase d’amore (con un doppio articolo davvero strano). Una foto confusa, carica di elementi ma anche bilanciata e viva, intensa, che conservo da oltre un anno per poterla pubblicare il 14 febbraio. Perfetta per il giorno di San Valentino, la festa degli innamorati. E posso e voglio dirlo anche io, senza paura, che TI AMO X TUTTA LA VITA. ;-)