
Ieri pomeriggio, nella chiesa sconsacrata dei Battuti Bianchi (o del Gonfalone) a Fossano, si è tenuto un evento straordinario: un incontro fra musica e fotografia organizzato dalla Fondazione Fossano Musica, con il patrocinio dell’Associazione Fotografica MondovìPhoto e di progetto HAR.
Un moderno utilizzo del poema sinfonico, una composizione estemporanea di ampio respiro, in più movimenti, che sviluppa musicalmente un’idea ispirata ad un insieme di immagini fotografiche opportunamente selezionate.
Fra queste immagini fotografiche opportunamente selezionate anche qualche opera del sottoscritto. Durante l’evento si è parlato molto di arte e del connubio fra musica e fotografia, ma io credo che troppo di frequente si parli di arte e fotografia a sproposito: la parte artistica nella fotografia è davvero minima e quasi sempre coincide con tecnica e colpo d’occhio. Non posso negare che in senso lato la fotografia è una forma d’arte, una sorta di genio, una attitudine naturale a produrre opere di interesse artistico semplicemente osservando in modo diverso dal comune. Ma quando si parla di arte oggi s’intende quasi sempre un’opera di alto contenuto estetico, che concerne un livello di bello molto elevato. E non tutta la fotografia ha questo livello di bello, molte volte è mera rappresentazione della realtà, una straordinaria e stupefacente rappresentazione del mondo. Ma nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di qualcosa di diverso da quello che comunemente viene inteso come arte.
E quando mi sento definire artista (e capita, incredibile, ma capita) mi viene da sorridere: sono davvero molto lontano dal concetto comune di arte, nella mia fotografia vedo un insieme di pixel incrociati e modificati in modo che può risultare, in rari casi, armonioso. Ma non è arte, è semplice rappresentazione personale e digitale di persone/cose/momenti/luoghi.
No great artist ever sees things as they really are. If he did, he would cease to be an artist.
– Oscar Wilde
Quando sono entrato nella chiesa dei Battuti Bianchi per l’allestimento della mostra ho subito pensato a come fotografare l’evento. Dall’alto, con il 14mm per una visione completa e perfetta della sala. Ho chiesto l’autorizzazione per salire al piano superiore (non ho idea di come possa definirsi) e ho scattato a tuttaapertura (ISO 1600) dal centro perfetto. Ed è proprio come l’avevo immaginata, ed è una cosa rarissima: immaginare e realizzare.

La settimana scorsa, a Fossano, si è tenuta l’undicesima edizione di Mirabilia: mi permetto di definirlo il festival degli artisti di strada. Fra gli ospiti della manifestazione mi ha colpito molto Steli, performance messa in scena dalla compagnia Stalker Teatro di Rivoli. Non ho mezzi linguistici per definirla in maniera completa: si tratta in sostanza di tanti bastoni colorati incrociati fra di loro con il nastro adesivo che formano una gigantesca struttura decisamente variopinta e, soprattutto, molto fotogenica. Al termine del lavoro di montaggio il pubblico è chiamato a camminare in mezzo all’installazione a tempo di musica. E ci si diverte parecchio, sembra di essere Tom Cruise in una nota scena di Mission Impossibile. Anche Alice ha voluto provare l’esperienza e credo che le foto esprimano al meglio la sua soddisfazione.





“Steli” è un intervento urbano della compagnia Stalker Teatro realizzato in collaborazione con il Dipartimento Educazione del Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli. Una performance interattiva, dal forte impatto visivo che si rivolge a un pubblico eterogeneo, curioso e attento alle novità. Un spettacolo dal vivo visionario, un ponte tra arte visiva e performing art, che può essere presentato anche in luoghi non convenzional.
“Steli” è una delle performance del ciclo “Reaction”, un più ampio progetto sperimentale che indaga, secondo la poetica tipica della compagnia, il rapporto fra arti visive e teatro.