


Ultimamente, in parte per colpa/merito di Herem, mi capita di provare una forte attrazione per i luoghi di culto. Entro sovente in chiesa, mai per pregare. Sono sempre alla ricerca della foto zenitale, di una cupola che possa solleticare la mia fantasia. Dalla parti della Pieve di Santa Maria, a Cortemilia (nell’estremo Est della provincia di Cuneo), sono passato solo per caso, una quasi primaverile domenica di febbraio. Scoprirla aperta (e stupenda) è stata una bella sorpresa. C’è qualcuno? È permesso? Come sempre nessuna risposta.
La costruzione, che risale al XIII secolo, ha un evidente impianto romanico. L’abside è impreziosita, all’esterno, da archetti pensili e capitelli che conservano motivi propri dell’iconografia medievale e costituisce – col campanile a 5 piani – una delle più interessanti realizzazioni del romanico in Alta Langa.
La facciata, in pietra arenaria a vista, è impreziosita da una splendida bifora che reca una delicata decorazione a tralci di vite. Sopra il portale vi è un bassorilievo in marmo bianco della fine del Cinquecento raffigurante la Vergine Incoronata. Sul lato sinistro dell’ingresso un altro manufatto in pietra raffigura, probabilmente, un monaco. Alcune tracce sotto lo sporto del tetto fanno pensare che un tempo la facciata fosse interamente affrescata. All’interno, un bassorilievo murato sulla parete sinistra mostra al centro la Vergine col Bambino cui si accostano due monaci: in alto la mano di Dio benedicente e simboli diversi.

Lei è Makima, uno dei personaggi del Manga Chainsaw Man: è una storia complicatissima e per certi aspetti anche assurda. Non sono un esperto, ma sono riuscito a decifrare il cosplay grazie a Google Lens. Makima è uno dei cavalieri dell’apocalisse e non è un personaggio molto simpatico. Per contraltare muore male e viene mangiata dal suo acerrimo nemico. Bene.
Esperta cacciatrice di Diavoli dall’aspetto attraente. Fredda, manipolatrice e calcolatrice, ha un particolare ascendente su pressoché ogni essere vivente, umano o diavolo, che la circondi e usa tale ascendente per raggiungere i propri scopi. Il suo potere consiste nel controllare le persone anche a grande distanza e se necessario, ucciderle sacrificando delle vittime tramite un rituale sconosciuto, nonché nel controllare la mente degli altri esseri umani e diavoli, ottenendo da loro tutto ciò che desidera semplicemente ordinandoglielo. Makima ama molto i cani, specialmente Karma.
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L’idea è nata nel giro di 24/48 ore: fotografare, in uno stand appositamente attrezzato, tutti i cosplayer presenti al Mondovì Comics and Games. Con Lorena abbiamo allestito il nostro gazebo con un telo nero e un flash da studio. Purtroppo non ho scelto al meglio le impostazioni, le dimensioni erano davvero ridotte e per rendere lo sfondo davvero nero ho dovuto chiudere in modo eccessivo le ombre perdendo dettaglio. Per le prossime occasioni servirà ragionare meglio su spazi, distanze al quadrato e diaframmi. Abbiamo scattato quasi 70 cosplayer (cifra indicativa), ma ne pubblico solo un numero limitato per non diventare noioso. Fra questi ho riconosciuto Silente di Harry Potter, lo Stregatto, Anya di Spy Family (ma sono stato aiutato: è mia figlia), Capitan Harlock, Doctor Strange, Max di Stranger Things e chiaramente Minecraft. Per gli altri mi toccherà chiedere l’aiuto da casa.
Piccola chiosa finale: non mi aspettavo un successo di tale portata, è stato semplicemente sorprendente. Mondovì ha risposto alla grande, e complice il bel tempo, erano presenti visitatori da tutto il Nord Italia. Comprese Imperia e Sanremo. E’ già in cantiere l’edizione 2024.












Se dovessi scegliere un sottotitolo non avrei dubbi: Di uomini, di costumi e di strani cappelli. La Baìo è una festa tradizionale occitana che si svolge ogni 5 anni a Sampeyre e nelle sue borgate: Rore, Calchesio, Villar e Becetto anche se quest’ultima non partecipa alle celebrazioni per via di un ostracismo dovuto ad un fatto di sangue che risale all’ottocento. La festa si svolge in tre giorni: due domeniche e il giovedì grasso. Secondo la tradizione la prima domenica (cioè ieri) la Baìo di Sampeyre riceve la visita di quella di Calchesio, mentre Rore e Villar circoscrivono il loro territorio. La seconda domenica è il giorno più importante: tutte le Baìo si recano nel capoluogo per unirsi a quella di Piasso (che significa capoluogo, cioè Sampeyre). Mentre il giovedì grasso la festa è caratterizzata dai processi: ogni gruppo giudica il proprio tesoriere accusato di furto.
Una tradizione, consolidatasi in tempi relativamente recenti, ma che si è radicata profondamente nell’opinione popolare, indica la Baio come un ricordo, una rievocazione storica delle incursioni di predoni saraceni che verso l’anno mille, provenienti dalle coste della Provenza, avrebbero terrorizzato la valle: la popolazione locale, insorta in armi, avrebbe liberato la propria terra da questo pericolo.
Non sapevo come gestire fotograficamente l’evento, per quanto avessi letto e cercato informazioni non ero preparato a sufficienza. Sono partito di mattina presto in direzione Calchesio (Chucheis) per fotografare la prima Baìo che si radunava (ore 9:00). È stata una scelta indovinata: il raduno è quasi intimo, l’atmosfera è più rilassata, c’è meno gente ed è più facile integrarsi. Finita la sfilata sono iniziati i balli in piazza e io sono partito alla volta di Sampeyre: qui la situazione è più confusa, i turisti amano alzarsi con calma e convergere verso il fulcro della manifestazione. Ho seguito la sfilata, ma ho evitato di concentrarmi sulla festa in piazza per riuscire ad andare a Rore. A Roure (come si dice qui) invece la sfilata era terminata da tempo ed era arrivato il momento del pranzo. E del vino, ampiamente versato dai Cantinìe, d’altronde sono le truppe addette al vettovagliamento e spetta loro il compito di far ubriacare i partecipanti.
Mi aspettavo cappelli strani e una tradizione antica: sicuramente non sono rimasto deluso. Quello che però mi ha colpito è il modo di vivere la Baìo: non saprei come descriverla, ma non è un’esibizione per il pubblico. È una festa del paese e dei suoi abitanti che sopporta l’arrivo di spettatori. È un evento che potrei definire quasi intimo, che subisce, e viene sorpreso, dall’invasione dei curiosi e dei fotografi. Per certi versi sono rimasto infastidito: mi sono sentito un elemento estraneo, un disturbatore, ma devo ammettere che questo modo arcaico, fuori dal tempo, di vivere la festa è molto affascinante.










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