Il Museo del movimento ecologico Shangri-La è stata la location urbex del mese scorso. Non ho idea della quantità di visitatori che a Settembre (ma ancora oggi) hanno visitato quello che resta di questo affascinante museo, ma credo sia un numero molto alto; e il sottoscritto non poteva mancare. In via del tutto eccezionale ho scelto il pomeriggio di un giorno infrasettimanale proprio per evitare la ressa e sono stato fortunato in quanto non ho incontrato nessuno, doppia fortuna perché la giornata era discreta dal punto di vista metereologico e questo mi ha permesso di sfruttare una luce più piacevole e intrigante.
Quello che sorprende del museo è la sua ri-scoperta. Il suo creatore, Piero Benzi, ha fondato il movimento Shangri-La nel 1965 e nel corso degli anni ha creato la sua opera: è venuto a mancare nel 2014 e per 10 anni il museo è rimasto nel silenzio e nell’oblio, dimenticato da tutti. Poi all’improvviso il clamore, il ritorno in auge grazie, ma potrei dire anche per colpa, degli esploratori e fotografi del mondo urbex italiano e non solo italiano (nell’ultimo periodo sono arrivati da tutta Europa a visitare il museo): sembra incredibile, ma Shangri-La ha ottenuto più successo e pubblicità a 10 anni dalla sua chiusura che durante il periodo di apertura. È un mondo bizzarro.
Nelle foto d’insieme ho utilizzato il 14mm su treppiede (e sono quasi tutte brutte e confuse), mentre per i dettagli il 24mm su APS-C, quasi sempre a tuttaapertura per riuscire a sfuocare lo sfondo, isolare il soggetto ed evitare la confusione (ammetto di odiare la confusione). Sono 93 foto, un numero notevole, anche se quasi tutti particolari e oggetti, ma erano talmente tanti e belli che ho faticato ad eliminare: e posso affermare con certezza di aver fotografo una minima parte del materiale presente fra i corridoi e le stanze del museo. Un occhio attento riuscirà a trovare curiosità e chicche di un certo livello. Buona visione.
Ci sono tutta una serie di comportamenti e reazioni del mondo urbex che trovo fastidiosi; ultimamente sono molto infastidito, probabilmente sto invecchiando male e divento noioso. Uno dei commenti che mi capita di leggere sempre più di frequente è quello dell’urbexer che si vanta di essere andato prima, ma tanto prima, in un posto: “Come l’hanno ridotta, quando sono andato io/siamo andati noi era bellissima”. Quasi sempre prima era molto meglio e se controllate questi commenti non sono mai opera di ricercatori veri, cioè di urbexer che scoprono veramente i posti, ma tendenzialmente di simpaticoni che sono nel mondo urbex da poco tempo e arrivano sempre grazie a dritte/consigli elargiti per pietà dopo aver chiesto supplicando in ginocchio un aiuto. Scherzando, in modo immaginario, vorrei rispondere di esserci entrato addirittura come ospite a cena (e in qualche manicomio sono stato ospite mentre ancora era attivo).
Questi pensieri, non proprio tutti, mi sono passati per la testa quando sono entrato in questa meravigliosa villa che prima di me hanno definito The Neverending Story. Perché dalla prime incredibili foto che ho visto, oltre 3 anni fa, è completamente cambiata: ho stentato a riconoscerla. I meravigliosi arredi sono spariti, tutto quanto era in rigoroso ordine è stato spazzato via da un uragano, la Citroen Ami 8 rossa fiammante è stata portata via e la polvere e lo sporco hanno preso il sopravvento. Ma nonostante tutto devo ammettere che un certo fascino è rimasto intatto, mi sono immaginato anche io dentro il film, con la fantasia sono tornato bambino e mi sono sentito per qualche istante come Atreyu. Il nulla si puo distruggere dicono, ma non sono convinto.
Francesco Albertini nasce a Gravellona Toce il 30 dicembre 1906 e muore a Verbania il 17 dicembre 1996, avvocato e parlamentare socialista ha dedicato la sua vita a portare avanti i suoi ideali. Attivo antifascista nel 1943 è arrestato e incarcerato a Torino e da qui, nel febbraio 1944, è deportato a Mauthausen: dopo tre giorni di tradotta viene immatricolato con il numero 53347.
Tornato in Italia inizia nuovamente a lottare per quegli ideali ai quali ha dedicato tutta la sua vita. Nelle prime consultazioni elettorali dopo la Liberazione l’avvocato Albertini viene eletto consigliere provinciale di Novara. Nel 1958 e nel 1963 è eletto deputato per il PSI. Nel 1963, nominato senatore, diventerà vice presidente dell’Assemblea di Palazzo Madama; sarà anche deputato europeo e in tutti questi incarichi (farà anche parte come sottosegretario al Tesoro del 2° e 3° Governo Moro), Albertini si adopererà per proporre e far approvare leggi a favore degli ex deportati, che rappresenterà per tutta la sua lunga vita, come dirigente della loro associazione nazionale e le cui sofferenze, nel 1982, ricorderà nel saggio “Come e perché i Lager nazisti”.
Alla fine del secolo scorso la villa era stata ceduta al comune di Gravellona Toce; dopo un periodo di totale abbandono nel 2018 si è tornato a parlare di recupero e con spesa di circa 2 milioni di euro si disse che sarebbe diventata il fiore all’occhiello della città. Dopo l’importante ristrutturazione al suo interno dovrebbero trovare posto una sala polifunzionale, un’area museo, un punto di informazione turistica e un caffè letterario, con dehors, in grado di dare alla villa una funzione turistica e culturale. Quanti anni sono passati?