E poi nel pomeriggio del secondo giorno è spuntato, contro tutte le previsioni, anche il sole. Timido, sia chiaro, laggiù verso Est. E l’ambiente è diventato subito più interessante e fotogenico, fattore importante perché la giornata di domenica è stata caratterizzata da un pubblico numeroso, non saprei calcolare l’affluenza, ma sicuramente diverse migliaia di persone (fra cui tanti amici e conoscenti) e il colpo d’occhio dall’alto dei cieli è stato incredibile. Il grande problema del raduno è il clima, a Gennaio è facile che le giornate non siano strepitose e per un evento di questa bellezza dipendere in modo così importante dalle previsioni del tempo è una spada di Damocle non indifferente. Il freddo siberiano è un altro discorso ancora: è intoccabile.
Sono rimasto sul campo di partenza e ho fotografo anche con il fish-eye, che con la rotondità delle mongolfiere ha il suo perché. Nei giorni scorsi ho parlato con altri fotografi della scelta tra foto posate e scatto rubato: nel mio modo di fotografare il reportage di eventi come il Raduno Internazionale dell’Epifania non esiste lo scatto in posa. Non mi piace, è una questione di tempi e conoscenza della situazione, non trovo corretto disturbare con le mie richieste: non è teatro, anche se sono sempre tutti molto disponibili nei confronti delle persone con una macchina fotografica, meglio se appariscente, al collo. Non dico che sia sbagliato, anzi, dico che non fa parte del mio modo di intendere. Tutte le mie foto del raduno sono colte al volo, fa eccezione questa prima immagine: ho chiesto al pilota olandese Mees van Dijk di fermarsi un secondo prima di uscire dall’interno della sua mongolfiera. E ho scattato con il fish-eye. A me questa cosa che gli olandesi si vestano sempre di arancione fa letteralmente impazzire.