Devo ammettere che l’esplorazione della Villa del Marmista ha dei connotati un po’ diversi dal solito. L’entrata non è banale, il posto è molto in vista ed è proprio di fronte ad una strada a grande scorrimento: introdursi senza dare nell’occhio non è stato semplice. Dopo qualche valutazione ci siamo accorti che l’enorme cancello elettrico in realtà era superabile senza grosse difficoltà e, con passo felino, siamo riusciti ad entrare. Per l’occasione ero in compagnia del cowboy dello spazio, un personaggio che oserei definire borderline, con due caratteristiche che trovo intriganti: puntuale e senza paura. Inoltre si respirava l’aria triste e fredda tipica della pianura padana in inverno: e io non sono adatto a queste lande brulle, inospitali e sconsolate.
Quando siamo usciti, con molta più leggerezza, non mi sentivo soddisfatto. Non è stata un’esplorazione di quelle affascinanti: forse per la modernità degli ambienti, forse per via del razionalismo della villa, della combo con l’azienda. Anche la zona, che potrei definire industriale, non regalava vibrazioni intriganti. La sensazione è stata quella di visitare qualcosa di vissuto, ma al tempo stesso impersonale. E non è questo l’urbex che voglio raccontare.