Green is the prime color of the world, and that from which its loveliness arises.
– Pedro Calderón de la Barca
Green is the prime color of the world, and that from which its loveliness arises.
– Pedro Calderón de la Barca
Ieri pomeriggio ho fatto un giro alla ormai celeberrima fiera nazionale del Marrone di Cuneo. Siamo alla ventesima edizione e direi che ormai si tratta di un evento che ha raggiunto un livello altissimo: il sole e la giornata quasi estiva hanno permesso numeri, credo, da record, parcheggiare è stata un’impresa e fra le bancarelle sembrava di essere al carnevale di Venezia (per la folla, non per le maschere). Non ho dati riguardanti il numero degli espositori, ma ho visto veramente qualsiasi prodotto tipico fra artigianato, agricoltura e cucina. Castagne (mundai come vengono definiti nel cuneese), miele, nocciole, cioccolato, formaggi, salumi e tantissimi altri prodotti (non voglio dimenticare Porro di Cervere e Aglio di Caraglio) da tutte le zone della Granda e oltre. Ho assaggiato (e comprato) anche il nuovo Nergi, una specie di kiwi con la forma e la consistenza dell’uva. Buonissimo. Non ho fotografo molto, anzi, quasi nulla. Ho tirato fuori la macchinafoto solo per immortalare una bravissima coppia di cantanti lirici: non mi era mai capitato di assistere a questo tipo di esibizione canora per strada e mi ha incuriosito molto. E tanta gente si è fermata ad ascoltare la bravissima (credo) coppia di cantanti. Ho scattato un po’ da lontano con il 135 F/2 (ovviamente a tuttaapertura) cercando di inserire il pubblico come parte integrante della foto. Nel mio percorso fotografico sono passato dall’eliminare in tutti i modi gli elementi di disturbo, all’inserirli di proposito nella foto. Come cambiano le idee quando si studia, si ascolta, si impara.
Ho scoperto, dopo una breve ricerca, anche il nome dei protagonisti di queste immagini: sono Giulia Giraudo (soprano) e William Allione (baritono). Vi suggerisco un giro sulle loro pagine Youtube e Facebook per apprezzare, in video, la loro voce: Il Sussurro dell’opera.
Non scrivo da oltre un mese, ed è un record ultimamente. Sarà il caldo, sarà l’estate, sarà la mancanza di ispirazione. Torno indietro nel tempo per legarmi con un filo immaginario al mio ultimo post; siamo ancora a Milano, alla PhotoMarathon meneghina. Il titolo di questa foto è Soffio di Vita (uno dei temi della competizione) e mi lascia un po’ di malcelata tristezza collegare gli ultimi respiri di questo anziano ma elegante signore, che con una certa eleganza osserva le erbacce che invadono le rotaie, a un pensiero così triste. Chi sono io per decidere cosa succederà nel futuro? Ma la fotografia rappresenta anche tutti gli istanti del cammino e mi basta questo per consolarmi. Il particolare di questa foto che mi fa impazzire (e anche un po’ uscire di testa) è la carne in scatola nella mano sinistra. Perché?
Qualche tempo fa ho assistito a una Lectio Magistralis di Giovanni Gastel: lui affermava che la fortuna di molti suoi lavori pubblicitari è stata quella di percepire si le indicazioni dei clienti, ma poi di svolgere il lavoro in modo del tutto personale, affidandosi alla sua fantasia; talvolta anche stravolgendo le idee del committente. Questa foto dovrebbe rappresentare uno dei temi della Photo Marathon cuneese: “Degustibus, questione di gusto”. Il riferimento è chiaro, si parla della fiera che il giorno della gara ha rallegrato il centro di Cuneo. Per non essere banale ho deciso di interpretare a modo mio il concetto e ho preferito associare il termine gusto alla religione: perché alla fine anche la religione è una questione di scelte, di preferenze e di tradizione. Sempre che non si decida di perdere le staffe e abbandonare la retta via.
That’s me in the corner
That’s me in the spotlight
Losing my religion
Trying to keep up with you
And I don’t know if I can do it
Oh no, I’ve said too much
I haven’t said enough
Di tanto in tanto è bene fare una pausa nella nostra ricerca della felicità ed essere semplicemente felici. (Guillame Apollinaire)
Per la domenica della palme ho deciso di concedermi un giro a Torino, al Lingotto, dove era in programma il Festival dell’Oriente. Niente di eccezionale e nulla di nuovo sotto il sole. Uscendo dal padiglione ho notato che impazzava l’Holi Festival, proprio nel momento del lancio delle polveri. Non ho tergiversato e con il 135 ho fotografato a distanza di sicurezza; peccato che fossi in manuale con le impostazioni da interno buio, e ISO impostato a 1600. Sono riuscito a scattare 7 foto completamente bianche, o quasi. Ma non mi sono perso d’animo e ho aspettato un altro lancio colorato, sempre a distanza di sicurezza. Buona la prima della seconda serie. Ho applicato un filtro tipo Cross-Processing (si fa per dire), mi piaceva l’idea di desaturare i colori (troppo forti) e dare un tocco vintage all’immagine.
Se sai come usarle, le parole, possono tanto.
Se sai come usarli, gli occhi, possono tutto.
(sonietta1311, Twitter)
Ieri ho partecipato alla tappa torinese dell’Italia Photo Marathon 2017 (ma ne parlerò più dettagliatamente nei prossimi giorni). Il primo tema della giornata è stato un classico: Il colore di Torino. Il colore di Torino è sicuramente il granata (ed in seconda battuta il gialloblu), ma dopo il tracollo di sabato sera dedicare una foto ai colori del Toro mi sembrava poco corretto, non meritato. E allora ho deciso di strappare quasi completamente le regole e ho scelto il bianconero (anche come stato mentale). E’ stata la prima foto della giornata, una foto classica di street: il passante e la vetrina. E per 24 ore il (non) colore di Torino è il bianconero, anche fotografico. Da domani si torna al granata regolare. Ah, quasi dimenticavo: quel negozio lì fa schifo, non entrateci che si prendono le malattie.
La settimana scorsa, a Fossano, si è tenuta l’undicesima edizione di Mirabilia: mi permetto di definirlo il festival degli artisti di strada. Fra gli ospiti della manifestazione mi ha colpito molto Steli, performance messa in scena dalla compagnia Stalker Teatro di Rivoli. Non ho mezzi linguistici per definirla in maniera completa: si tratta in sostanza di tanti bastoni colorati incrociati fra di loro con il nastro adesivo che formano una gigantesca struttura decisamente variopinta e, soprattutto, molto fotogenica. Al termine del lavoro di montaggio il pubblico è chiamato a camminare in mezzo all’installazione a tempo di musica. E ci si diverte parecchio, sembra di essere Tom Cruise in una nota scena di Mission Impossibile. Anche Alice ha voluto provare l’esperienza e credo che le foto esprimano al meglio la sua soddisfazione.
“Steli” è un intervento urbano della compagnia Stalker Teatro realizzato in collaborazione con il Dipartimento Educazione del Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli. Una performance interattiva, dal forte impatto visivo che si rivolge a un pubblico eterogeneo, curioso e attento alle novità. Un spettacolo dal vivo visionario, un ponte tra arte visiva e performing art, che può essere presentato anche in luoghi non convenzional.
“Steli” è una delle performance del ciclo “Reaction”, un più ampio progetto sperimentale che indaga, secondo la poetica tipica della compagnia, il rapporto fra arti visive e teatro.