Prima dell’evento e dell’inaugurazione della 23ª edizione delle Vele d’Epoca di Imperia si sono esibiti in calata Anselmi i paracadutisti del 1º Reggimento carabinieri Tuscania. Ho ascoltato tutta la presentazione del reggimento e dell’attività sportiva, ma sinceramente ricordo solo campioni del mondo. È stato emozionante assistere all’esibizione di questi autentici fenomeni del paracadutismo che riescono a scendere a velocità elevatissime e, grazie a manovre decisamente ardite, a centrare il punto di atterraggio stabilito con precisione millimetrica (quasi sempre). Fenomenali.
Il giorno prima di ferragosto mi trovavo ad Imperia (casa) per le meritate vacanze estive. E non potevo perdermi per nulla al mondo il concerto di Luca Barbarossa, ospite di punta dell’Imperia Unplugged Festival. E’ stato un spettacolo particolarmente divertente, Barbarossa è anche un grande uomo di palco e ha intrattenuto il pubblico (numeroso) con storie e aneddoti su Roma, la sua città natale: come quando ha raccontato del celebre cuoco romano che in punto di morte ha preteso che la camera mortuaria fosse ar-dente. Fra i grandi classici interpretati mi sono ricordato ancora a memoria le parole di “È’ come dentro un film“, di “Portami a ballare” e di “Via Margutta“, canzoni che hanno fatto la storia della musica italiana. Avevo con il me il 70-200 f/2.8 e fortunatamente sono riuscito a spostarmi in libertà fotografando anche sotto il palco: Luca non si è mosso molto rimanendo seduto con la sua amata chitarra, ma qualcosa di interessante sono comunque riuscito a cogliere. Sta cadendo la notte sopra i tetti di Roma, tra un gatto che ride e un altro che sogna di fare l’amore…
Domenica pomeriggio la Pattuglia Acrobatica Nazionale, meglio conosciuta come Frecce Tricolori, ha solcato i cieli della mia Imperia. E ovviamente non potevo mancare. Dopo aver pensato per diverso tempo quale fosse la posizione migliore per riprendere l’evento, ho scelto di piazzarmi sul molo lungo di Oneglia, dal faro Verde. L’idea era quella di fotografare in linea perfetta le frecce con il tricolore, l’Amerigo Vespucci (si, c’era anche lei) e il Parasio sullo sfondo. Purtroppo non avevo fatto i conti con la foschia dell’estate Imperiese e appena arrivato in cima al molo mi sono accorto che riuscire a tirare fuori qualcosa di buono sarebbe stato davvero complicato, più probabilmente impossibile. Aggiungo che le evoluzioni si sono svolte quasi completamente al largo del porto di Oneglia e le possibilità di riuscire a contestualizzare sulla città le acrobazie degli Aermacchi MB-339PAN dell’areonautica militare erano nulle dal molo lungo. Con il senno di poi forse avrei dovuto andare in mare aperto per riuscire a scattare qualcosa di veramente imperiese. Sono anche riuscito a sbagliare (in parte) il tempo di scatto: ho calcolato un limite troppo lento (1/1000) è la stragrande maggioranza delle foto ha un leggero micromosso che non avevo notato al momento dello scatto.
Ho abitato ad Imperia per 35 anni e non ho mai superato un certo limite stradale che dopo Via Caramagna allunga in via Palmoriere; forse credevo che lì terminasse il mondo conosciuto, le mie personali colonne d’Ercole Imperiesi. In effetti la strada diventa sterrata per un tratto e muore a distanza di poche centinaia di metri. Ma al termine dello sterrato sorge una piccola e bellissima chiesetta risalente (come scritto sulla facciata) al 1858. È abbandonata a se stessa da tempo, eppure nasconde una bellezza decisamente particolare: è piccolissima, microscopica, salire al piano superiore è impossibile e pericoloso, ma sono rimasto ad osservarla diversi minuti prima di riuscire a scattare.
Non c’è molto spazio per l’immaginazione: mi sono limitato ad alcuni dettagli e alla vista dall’entrata. La stragrande maggioranza del tempo l’ho impiegata per fotografare la cupola e quello che rimane degli affreschi che la ornavano. È davvero un peccato che sia in condizioni così disastrose: basterebbe davvero poco per metterla in sicurezza e permettere di visitarla senza correre rischi.
A suo tempo avevo clamorosamente bocciato queste immagini. Era stato una scelta di tempo veloce, qualche scatto (pochi) sulla spiaggia in una giornata che stava diventando uggiosa. A distanza di 8 anni devo dire che non erano poi così male: sarà anche la voglia di sport e di acqua salata che nell’ultimo anno di Covid abbiamo visto e assaporato sulle labbra con il contagocce, ma voglio pubblicarle a distanza di tempo, molto tempo. Che dite, riuscirò a scattare gli sport acquatici la prossima estate?
Non sono quello che può definirsi un patriota e nelle mie vene non scorre certo sangue nazionalista. Però se penso a Pietro Crespi, morto a 21 anni nel 1918 durante la prima guerra mondiale, capisco quali sentimenti possano averlo spinto a mettere in gioco la propria vita per difendere il suo paese oltre cento anni fa, era il 27 ottobre. A Imperia, la mia città, dal 1958 c’è una caserma dedicata al valoroso sottotenente, e pensare che la sua memoria sia infangata nell’abbandono e nella becera discussione politica lo trovo davvero avvilente. Eppure è proprio quello che succede: la caserma che porta il suo nome è ormai in stato di totale disagio, preda dei senzatetto, della distruzione e dell’incuria. E’ completamente vuota, ma dal punto di vista fotografico è splendida: tantissime finestre, stanze vuote che si succedono una dopo l’altra con continui cambi di prospettiva e dimensione. Spero davvero che la querelle politica abbia una fine e che la memoria di Pietro Crespi venga onorata come merita, al più presto.
«In un momento particolarmente delicato e difficile, in cui l’esempio personale aveva la più grande influenza, alla testa della propria sezione mitragliatrici, sotto l’intenso bombardamento nemico, risolutamente accorreva per proteggere il fianco di una colonna di attacco. Incontrata aspra resistenza per parte di nuclei avversari provvisti di mitragliatrici, impegnava viva lotta, prima di potersi mettere in posizione, facendo fuoco egli stesso con un’arma sostenuta da un servente. Raggiunta infine la linea da occupare, portava le proprie armi allo scoperto, e dando mirabile prova di coraggio e di fermezza continuava ancora personalmente a far fuoco neutralizzando ogni tentativo dì avanzata nemica, finché, colpito a morte, cadeva gloriosamente sulla propria arma dopo aver gridato: “Forza, mitraglieri, evviva la vittoria !“.»
— Monte Pertica (Grappa), 27 ottobre 1918.
Quando le porte della percezione si apriranno tutte le cose appariranno come realmente sono: infinite.
– William Blake
Quando ero ragazzo, e parliamo di scuole superiori quindi primi anni ’90, si andava a giocare a tennis ai Piani. Per il mio gruppo di amici, appassionati di sport, era un classico: si prendeva la corriera in piazza Dante (conosco ancora gli orari e conservo l’abbonamento con i timbri mensili) e si giocava tutto il pomeriggio a tennis. Era una gara per chi arrivava prima e poi ci si alternava. C’erano due campi, entrambi in pessime condizioni, ma per noi dilettanti della racchetta erano il top: ricordo ancora quando si provava a rammendare la rete con le fascette di plastica, oppure quando si cercava di alzarla a misure certificate FIT (magari con un bastone) per dare un minimo di regolarità alle partite. Non era insolito essere in tanti e allora ci si organizzava in tornei da 1 set, magari con il finto commento di Rino Tommasi e Gianni Clerici a bordo campo. Era un luogo meraviglioso di sport e amicizia. Gratis. Ci sono tornato a distanza di vent’anni, raramente mi capita di inoltrarmi oltre la rotonda per andare in corso Allende. E sono rimasto profondamente deluso: i campi non esistono più, la rete manco a parlarne, le erbacce spuntano ovunque dal cemento, i lampioni (che non si sono mai accesi) sono arrugginiti. Quelli che avrebbero dovuto essere spogliatoi, mai portati a termine, sono diventati un rifugio per i senza tetto: dentro si intravedono un letto, un materasso, lenzuola, bottiglie di birra vuote, oggetti personali. Una tristezza e uno squallore infinito. Possibile che una città come Imperia non riesca a gestire e conservare uno spazio di aggregazione di questo tipo?