Prosegue imperterrita, e senza soluzione di continuità, la tradizione del post natalizio. La foto di quest’anno è tipicamente urbex, scattata nel 2019 all’interno di una celebre fabbrica abbandonata in Liguria; ed è la seconda volta che pubblico una foto di questo tipo (alberello di natale in luogo abbandonato). Dev’essere una particolarità molto diffusa, perché mi è già capitato in diverse occasioni. E’ un Natale molto strano questo datato 2020, un anno che ricorderemo: niente cene, niente feste, niente assembramenti, ma si al cashback e alla messa di Natale, anticipata dal coprifuoco imposto dal governo e dal virus. Quindi l’augurio questa volta suonerà un po’ finto, ma voglio farlo ugualmente: e il mio più sincero augurio per un bellissimo e felice Natale.
Ed è malinconia,
ti segue per la via,
ti lascia dopo un’ora,
ma tu sai che torna ancora.
– Riccardo Fogli
E’ passato un mese dal decreto che ha cambiato le nostre un vite: era il giorno 8 marzo, 31 giorni di quarantena obbligata (o quasi). Non so quanti morti, quanti malati, quanta disperazione, non riesco a quantificare. E in questo momento serve davvero qualcosa che ci riesca a portare alla normalità, speriamo possa arrivare il prima possibile. Serve un’uscita di emergenza.
Ci sono due modi di diffondere luce: essere la candela oppure essere lo specchio che la riflette.
– Edith Wharton
Ero ormai rassegnato all’idea di non scattare nulla il primo giorno dell’anno. E invece, colpo di scena, sono riuscito: da qualche giorno avevo notato il bellissimo e particolare albero di Natale creato dalla AGC (Asahi Glass Company) intorno alla enorme ciminiera che domina lo stabilimento alla periferia di Cuneo e, di rientro da una cena in centro, ho deciso di fermarmi. Ho provato con il grandangolo, ma risultava troppo dispersivo, di conseguenza ho montato il mitico RF 50 F/1.2 che su EOS R risulta sempre particolarmente nitido. Tanti secondi di esposizione, due foto, un po’ di barbatrucchi fotografici, qualche minuto di lavoro in post-produzione et voilà: in extremis la prima vera foto del ventiventi.
Sono passato nei pressi di Saorge tantissime volte. E la vedevo sempre là, abbarbicata sulla montagna, lontana e bellissima. E mai mi sono potuto fermare: perchè era tardi, perchè era lontano e anche perchè era poco interessante. Ma giovedì scorso no, ero triste e un po’ malinconico allo stesso tempo; il mio umore era come il cielo plumbeo che mi circondava e ho deciso di fare la pazzia: ho visto il cartello che indicava Saorge e ho svoltato all’ultimo secondo. Strada strettissima, un tunnel che sarebbe da senso unico alternato e poi il parcheggio all’entrata della città. Ho girato a passo veloce per quasi un’ora, ho alternato il 50mm, quasi sempre a tuttapertura, e il nuovo fish-eye Samyang 12mm (ottimo con il focus peaking della R). E Saorge mi ha affascinato con le sue viuzze strettissime, i suoi scalini, i vicoli, le piccole piazze, la tranquillità, i nomi delle strade in francese e in dialetto ligure. Un paio di negozi, qualche bar/ristorante, pochissime persone. Un signore, prima in francese e poi in italiano, mi ha chiesto per quale motivo fossi lì. Ho spiegato nel mio esperanto, mezzo francese e mezzo ligure, e lui mi ha risposto: “Ma con questo cielo così brutto?”. E proprio in quel momento, in Place de la République, si è aperto uno sprazzo di azzurro. Sono andato via quasi di corsa, con un centinaio di foto interessanti e dopo aver fotografato ciassa da geija. Mi piacerebbe tornare a Saorge, magari con più calma.