Piazza Dante di Notte

POSTED ON 11 Apr 2023 IN Landmark     TAGS: nocturne, longexposure, square, postcard

Piazza Dante di Notte

Quando ero ragazzo (tanto tanto tanto tanto tempo fa) collezionavo cartoline. Ne avevo tantissime, da tutto il mondo; sono passati anni, ma ricordo benissimo la prima, quella che aveva iniziato la passione: una cartolina di Piazza Dante di notte, perfettamente simmetrica, con la fontana e con l’ex palazzo comunale, quello che gli onegliesi chiamano ancora oggi Cremlino. Non c’era ancora quello strano prato verde circolare intorno alla fontana, dovrebbe essere un’innovazione -mai compresa- degli anni ’90. Questa immagine per me è quasi iconica (credo per tanti imperiesi) e qualche giorno fa, tornando da una visita lampo nella mia città natia, ho deciso di fermarmi e di portare a casa un’immagine ricordo di Piazza Dante. Ho studiato un po’ e ho scoperto tante cose della fontana che non sapevo e mi piacerebbe tornare a dedicarle qualche foto, qualche dettaglio. È una prossima idea da realizzare.

L’ostello di carta

POSTED ON 4 Apr 2023 IN Reportage     TAGS: URBEX

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L’ostello di Carta è una struttura ricettiva, tipicamente dedicata ai giovani, sulle colline dell’entroterra savonese. È un classico dormitorio, con stanze e bagni in comune, ma con una vista strepitosa sul mar ligure. È abbandonato ormai da tempo e le stanze hanno le pareti ricoperte di graffiti e i letti, di cui molti a castello, sono ammassati e sparsi per tutta la struttura.

L’ho definito di carta (e si tratta di un evidente gioco di parole legato ad una celebre serie TV) perché al secondo piano si trova una stanza davvero particolare. Io non so perché e ovviamente nemmeno chi. Ma qualcuno si è preso la briga di tappezzare questa stanza con le pagine di un libro. È affascinante, un lavoro lungo e certosino. Forse si è costruito un set per scattare una fotografia diversa dal solito, magari per una ripresa video. Io mi immagino una modella con un vestito composto da fogli di carta. Sul lato destro della stanza c’è una scrivania con sopra un libro, molto grande, aperto. Mi viene in mente O’ famo strano, prendendo in prestito la frase cult resa celebre dalla coppia Carlo Verdone/Claudia Gerini nel film “Viaggi di Nozze”.

Il resto dell’ostello, dopo aver visto la stanza dei fogli, perde fascino; c’è un bellissimo calciobalilla, in ottime condizioni, sulle scale: e subito mi sono immaginato le tiratissime partite fra i giovani ospiti della struttura. E poi un’infinita di stanze, locali, bagni, tutti uguali fra loro. L’esterno è decisamente in stile moderno, funzionale -tanto cemento- e credo che non dovesse essere meraviglioso nemmeno nei momenti di massimo splendore. Comunque direi location 5, servizio 4, prezzi interessanti e sotto la media. Almeno spero.

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La palazzina Liberty di Ferrania

POSTED ON 1 Apr 2023 IN Reportage     TAGS: URBEX, industrial, liberty, drone

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Di fronte alla vecchia fabbrica della Ferrania trova spazio una strana palazzina in stile liberty. È la centrale Elettrica SIPE, ormai abbandonata da tempo e vincolata dalla Soprintendenza ligure dal 2016. È bellissima. Costruita nel 1916 su progetto dell’architetto milanese Cesare Mazzocchi mostra ancora la sua antica bellezza, nonostante sia dimenticata da anni, con le meravigliose decorazioni geometriche, gli enormi finestroni e il ferro battuto. I disegni originali del progetto -studiati da Alberto Manzini- sono conservati presso l’archivio del Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto (MART) e riprodotti presso il Ferrania Film Museum.

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Ferrania, la storia dimenticata

POSTED ON 31 Mar 2023 IN Reportage     TAGS: URBEX, industrial, drone

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La storia della Ferrania nasce nel secolo scorso e si dipana in quasi 100 anni di storia. Sulla pellicola prodotta in questo stabilimento della Valle Bormida è scritta la storia d’Italia: La ciociara, Mamma Roma, Roma città aperta hanno in comune non solo l’ambientazione romana, ma sono tre capolavori del cinema italiano uniti anche dalla pellicola che porta il nome del piccolo paese alle spalle di Savona.

L’azienda nasce dalle ceneri della milanese Società italiana di prodotti esplodenti (Sipe), fornitrice dell’Esercito e della Marina, che nel 1906 acquisì un dinamitificio francese di Cengio, ponendo le basi perché la Val Bormida diventasse un importante polo dell’industria chimica nazionale. Con il primo conflitto mondiale, Sipe arrivò a produrre fino a 100 tonnellate di esplosivo al giorno e fu così che si espanse aprendo, nel 1915, lo stabilimento di Ferrania.

Dopo la guerra la produzione fu convertita: la nitrocellulosa, a un grado minore di nitrazione, unita alla canfora come plastificante, da esplosivo diviene pellicola. È la svolta, nacque la Fabbrica italiana lamine Milano (Film) consociata con la Pathé Frères di Vincennes, la maggiore fabbrica francese di materiale sensibile, fondando, nel 1923, quella che poi sarebbe diventata la Ferrania. Nel 1932 venne assorbita la milanese Capelli dando vita alla Film Cappelli–Ferrania, successivamente venne assorbita un’altra azienda milanese, la Tensi, e nel 1938 la ragione sociale venne modificata, diventando semplicemente Ferrania. L’azienda produceva, oltre alla pellicola, anche attrezzatura fotografica tramite la Società Anonima Apparecchi Fotografici Ferrania con il marchio Ferrania-Galileo; alcuni modelli, come la Condor I, o la Elioflex (del 1950), sono diventati iconici e hanno costruito la storia della fotografia italiana (e non solo). L’azienda arrivò anche a pubblicare, dal 1947 al 1967, una rivista, un periodico che si occupava di fotografia e che portava il nome dell’azienda.

Lo scenario tornò internazionale nel 1964: dopo un anno di trattative, il colosso americano 3M (Minnesota Mining and Manufacturing) rilevò Ferrania dall’Ifi per 50 milioni di dollari, corrisposti in parte in azioni. A guidare la società nel trentennio successivo saranno diversi manager del gruppo 3M, tutti americani, affiancati da Direttori di fabbrica italiani. Nel 1971 divenne 3M Italia, con quasi 4mila dipendenti nella sola Ferrania e una nuova sede a Segrate, in provincia di Milano. Negli Anni 80 e 90 Ferrania fu parte integrante della multinazionale; lo stabilimento non produceva soltanto pellicole per il cinema, ma anche per il settore medico, nel campo della diagnostica per immagini. La forza lavoro scese progressivamente, fino a tornare sotto le 2mila unità.

Nel 1996 iniziò il declino, 3M smise di produrre materiale fotosensibile e trasferì i settori della pellicola e del magnetico a una nuova compagnia indipendente, con sede americana, che prese il nome di Imation. Ci fu una contrazione degli investimenti con la chiusura di diversi stabilimenti europei. Nel 2004, con 850 dipendenti e 70 milioni di debiti, Ferrania fu posta in amministrazione straordinaria. Ci fu una mobilitazione di massa, ma ormai la strada era tracciata. Nel 2005 la fabbrica venne acquistata all’asta da una cordata di imprenditori genovesi, che diede vita a Ferrania Technologies, per la produzione di pannelli fotovoltaici, intermedi farmaceutici, chimica per imaging. Ma la stagione del fotosensibile, con l’avvento del digitale, era definitivamente terminata. Si cessò la produzione della pellicola e i pochi lavoratori rimasti vennero posti in mobilità, fino alla definitiva chiusura. Nel 2018 è stato inaugurato a Cairo Montenotte il Ferrania Film Museum, che mostra e racconta la storia e le dinamiche socioculturali della Ferrania. Nel 2019 con il forte ritorno della pellicola e del vintage, una nuova azienda, fondata da Nicola Baldini e Marco Pagni, ha ripreso a produrre, nello stabilimento FILM Ferrania di Cairo Montenotte, una nuova versione della celebre P30. Sono piccoli frammenti di memoria, un ritorno al passato, per non dimenticare una storia davvero importante.

Questo è un piccolo resoconto della storia della Ferrania, con una semplice ricerca è possibile approfondire in modo ulteriore i pochi importanti concetti che ho riportato. Il mio reportage sulla Ferrania mi piace definirlo, un po’ pomposamente, monumentale: in 3 diverse esplorazioni divise in 4 anni, con 2 fotocamere diverse, un drone e 5 ottiche, ho scattato 606 foto. Ne pubblico solo 82, sul quale, diversamente dal solito, ho forzato in modo forse eccessivo la post. Credo possano raccontare la situazione attuale di uno stabilimento che ha vissuto un secolo di emozioni, anche e soprattutto su pellicola.

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Forte della Madonna degli Angeli

POSTED ON 24 Mar 2023 IN Reportage     TAGS: urbex, military, drone

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Il Forte della Madonna degli Angeli è una fortezza ottocentesca costruita intorno al 1881 dai Savoia, si trova su una collina alle immediate spalle del centro di Savona, ad un’altitudine di 232 metri. E’ rimasta attiva sino al 1947, qui è passata la storia e si sono combattute le due guerre mondiali; nella fortezza troviamo una rampa, postazioni di cannoni, torrette telemetriche, porte blindate, cemento armato, ferro battuto, polveriera, un ponte levatoio ormai sparito nel tempo, una lapida in memoria.

Il forte ha due piani, il primo dedicato a stalle e magazzini per munizioni e il secondo alle tre postazioni per 6 obici da 280mm, poi sostituiti da altrettanti cannoni 149/23 dopo la prima guerra mondiale, e alle stazioni telemetriche, ancora conservate. Sono inoltre presenti altre due piazzole, costruite dopo la Grande Guerra davanti al forte, collegate da un ponte levatoio sul fossato (scomparso), ormai quasi del tutto scomparse. Vi è ancora, al piano superiore, una terrazza con postazioni per mortaio. Durante l’occupazione nazista, oltre che presidio della Wehrmacht, fu anche batteria controaerea tedesca, armata con 4 cannoni Flak 88 e due impianti Flakvierling.

Qui il 27 Dicembre 1943 ci fu un’importante rappresaglia nazifascista. Dopo l’attentato del 23 dicembre alla Trattoria della Stazione (luogo di ritrovo, in via XX settembre, di fascisti e tedeschi) che causò 5 morti e 15 feriti (tra questi ultimi uno dei più noti collaborazionisti lo squadrista Bonetto accanito persecutore degli antifascisti savonesi) le autorità germaniche suggerirono l’opportunità di dare un maggior rilievo all’avvenimento con una punizione esemplare che consentisse di approfittare della circostanza per eliminare alcuni tra gli antifascisti di maggior prestigio politico locale.

I fascisti tenevano intanto concitate riunioni in Federazione nel corso delle quali squadristi e militi chiedevano a gran voce che si desse un duro esempio. Fu durante una di queste riunioni, e precisamente il mattino del giorno di Santo Stefano che viene redatta la lista di 7 antifascisti da deferire al Tribunale Militare Straordinario quali “mandanti morali” dell’attentato di via XX settembre. Il mattino del 27 dicembre, alle 4, vennero così prelevati dal carcere di Sant’Agostino, (incatenati tra loro in due gruppi) e condotti, su un furgone della questura, alla caserma della milizia in corso Ricci, gli antifascisti :

Cristoforo Astengo avvocato di 56 anni
Renato Willermin avvocato di 47 anni
Francesco Calcagno contadino di 26 anni
Carlo Rebagliati falegname di 47 anni
Arturo Giacosa prima operaio di 38 anni
Amelio Bolognesi soldato di 31 anni
Aniello Savarese soldato di 21 anni

Un lapidain marmo posta sulla parete posteriore del forte, restaurata nel 2018, ricorda il tragico evento. Sul muro sono ancora visibili i fori dei proiettili del fucile mitragliatore che uccise, senza pietà, i 7 antifascisti: sotto il piombo dei traditori eroicamente cadevano.

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Palazzo Bordoni

POSTED ON 20 Mar 2023 IN Reportage     TAGS: urbex, liberty

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Palazzo Bordoni certo non si nasconde: appena si entra in Altare, arrivando dal mare, appare maestoso, in alto, come a dominare il paese e la sottostante via Gramsci. E poi quando arrivi davanti all’entrata un cartello indica che fa parte dell’itinerario Napoleonico come fosse un museo visitabile; ed in effetti è visitabile anche se non c’è nulla: il cancello è aperto, si segue una stradina sterrata dove la vegetazione ha preso il sopravvento e si arriva davanti al portone d’ingresso, ovviamente spalancato. È quasi difficile definirlo urbex, nonostante sia abbandonato da tantissimi anni sembra quasi che dopo gli scalini, sulla destra, possa esserci la biglietteria.

Palazzo Bordoni, villa imponente. Fu edificata nel 1904 per volere dell’omonimo avvocato che la commissionò all’ingegnere savonese Martinengo. Il palazzo si presenta con un’altalena di stile che un po’ ricorda il liberty, un po’ il barocco. Che cosa ci colpisce? La scala: maestosa. È l’anima del palazzo. La sua ringhiera, motivo floreale in ferro battuto, accompagna gradini di marmo verde e si snoda sinuosa come si conviene a una signora di classe. Ti porta fino alla sua sommità, fino al ballatoio. La stessa scala, nel 1991, fu vincolata dalla Soprintendenza come bene di importanza storica.

Durante il secondo conflitto mondiale Palazzo Bordoni ospitò il battaglione San Marco che fissò qui il suo quartier generale in quanto Altare era un valico di notevole importanza strategica per l’accesso dalla Liguria verso il Piemonte. Negli ultimi decenni del secolo scorso si parlò ripetutamente di recupero, ma ovviamente furono spese solo parole e nessuna azione concreta. Ad oggi il terzo piano è assolutamente inagibile, il ballatoio inizia a dare segni di cedimento e la meravigliosa scala in marmo verde e ferro battuto è pericolante e pericolosa. Palazzo Bordoni è uno di quei luoghi che non si può nascondere, ma che anzi deve condiviso il più possibile perché non merita di finire nel dimenticatoio.

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An old photo -Rezzo-

POSTED ON 4 Mar 2023 IN City & Architecture     TAGS: silver, frame

An old photo -Rezzo-

Questa foto è una riproduzione, credo abbastanza fedele. Fu scattata da mio nonno, nei caruggi di Rezzo, nei meravigliosi anni ’70. La vedo da tempo esposta (e malandata, ma d’altronde ha quasi 50 anni) in casa di mia zia e non so quante volte ho pensato: “Devo andarci”. Finalmente ho risolto e cancellato dalla lista delle cose da fare (è un elenco che non mi fa dormire). Il tempo non ha cambiato le cose: ho cercato la stessa posizione (almeno quanto mi ricordavo) e ho scattato direttamente in monocromatico, come nell’originale.

Il Santuario di Rezzo

POSTED ON 2 Mar 2023 IN Reportage     TAGS: church

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Avevo lasciato in sospeso il discorso sul Santuario di Rezzo, dedicato alla Madonna Bambina e a Nostra Signora del Santo Sepolcro. Mia nonna aveva una passione importante per questo luogo e lo ricordo soprattutto per le sue parole. Per arrivare al Santuario, che si trova sopra il paese, si percorre in macchina una piccola strada di campagna e quando si arriva davanti alla piazza antistante al porticato si rimane piacevolmente sorpresi dal colore bianco e dalla maestosità della costruzione. Una maestosità che non ci si aspetta e che sorprende. Il Santuario è da stato da poco ristrutturato grazie all’intervento del comune ed è semplicemente meraviglioso, un vero e proprio gioiello.

Voluto nel 1444 dai capi famiglia della comunità medievale come luogo di culto intitolato a Maria Bambina, il Santuario fu eretto nel corso del XV secolo da maestranze locali con probabili apporti provenzali e/o lombardi. Realizzato in stile romanico-gotico, fu consacrato nel 1492 dal Vescovo della Diocesi di Albenga. All’interno del Santuario della Madonna Bambina o della Natività di Maria di Rezzo si conserva un’intera parete di affreschi realizzata tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo da due artisti locali: un anonimo e Pietro Guido da Ranzo, conosciuto anche per altre importanti collaborazioni a Mendatica, Ranzo, Montegrazie.

L’interno è altrettanto bello e maestoso: sulla parete della navata di destra si possono ammirare due cicli di affreschi di stile tardo-gotico, mentre molto interessanti sono la cripta, con un notevole altare in legno, la statua del Maragliano e la bellissima scultura della Madonna col Bambino del grande artista genovese Filippo Parodi. Sono rimasto nel Santuario quasi un’ora, da solo, e ho sentito una sensazione di pace e calma che solitamente mi sfuggono. Purtroppo è poco pubblicizzato e fuori dalle grandi rotte turistiche della zona, ma merita davvero una visita anche solo per coglierne l’essenzialità e l’atmosfera. Il Santuario ha anche una particolarità quasi unica: è uno dei pochi esempi di luogo di culto non di proprietà della Curia. Venne costruito dagli antichi Rezzaschi che, resistendo alle ingerenze della Chiesa, decisero di lasciarne la proprietà al comune.

E’ passato un po’ di tempo dalla mia visita a Rezzo, ma voglio comunque ringraziare l’amico Giovanni Vianello –il RAS del Paese– che mi ha accolto a braccia aperte nonostante gli impegni famigliari (era l’ultimo dell’anno) e Barbara Saltarini che mi ha gentilmente permesso di visitare, totalmente in solitaria e con tutta calma, il Santuario. Grazie, grazie, grazie.

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Alla (ri)scoperta di Rezzo

POSTED ON 1 Mar 2023 IN Reportage     TAGS: village, trekking

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Tornare a Rezzo per me è come fare un salto nel passato, un salto indietro di almeno 40 anni. Rezzo è un piccolo paesino abbarbicato in cima ad una salita tortuosa ed è famoso per il celebre bosco che prende il nome dal paese e che finisce al passo della Mezzaluna. Per me i prati della Mezzaluna erano la fine del mondo conosciuto; alla mezzaluna c’erano le mazze di tamburo, ma sto anticipando troppo i tempi. Quando ero bambino i miei nonni trascorrevano qui le vacanze estive (e non solo), nel primo periodo alla Locanda Bertone, dalla Rina, poi nel tempo in un appartamento in affitto. E mi ricordo che la domenica si partiva, la strada era complicatissima, e si andava a Rezzo dai nonni: dagli anni ’80 si passava per la superstrada che tagliava nettamente il percorso, mentre prima, quando ancora le gallerie erano in costruzione, era obbligatorio fare il giro dal Colle San Bartolomeo ed era una sofferenza atroce. Era quasi sempre domenica, quasi sempre mattino presto e si andava nel bosco per funghi: la grande passione dei nonni paterni (ed ecco il perché delle mazze di tamburo, la Macrolepiota procera). Ci si fermava al Ponte dei Passi per riempire di acqua pulita le borracce e si cercavano i gamberi di fiume.

Rezzo era conosciuto perché qui si correva (una volta l’anno) una prova speciale, una delle più difficili, del Rally di Sanremo. Da qualche parte c’è una mia foto di bambino in braccio a Michèle Mouton all’epoca l’unica donna in gara, se non sbaglio con la Fiat 131 Abarth Rally. E ho delle immagini, molto sfuocate, del sottoscritto alle prese con il modellino della Fiat 131 mentre gioca, sul campo da bocce del paese, insieme ad altri bambini. E all’epoca si correva di notte: ricordo i fari della Lancia Stratos e il rombo assordante dei motori. Il paese era in totale euforia. Sono flash, rapidissimi, anche perché il tempo scorre veloce, passano gli anni, e la memoria si appanna.

Nel centro del paese c’era (ma c’è ancora) il parco pubblico, i giardinetti. Con un incredibile ed enorme campo da calcio, i giochi per bambini e, nel primo periodo, anche una voliera. Anche un pavone se non ricordo male. La fontana che di sera si illuminava. Quel parco mi sembrava enorme, ritornarci mi ha fatto capire meglio le proporzioni. E nel centro dei giardini pubblici (ai quali si arrivava attraverso due scale che percorrevo a velocità assurda) la famosa Pagoda: era stranissima e bellissima, veniva utilizzata per il ballo, mentre di giorno si giocava a calcio balilla. Se non ricordo male c’era anche un bar.

Ritornare a Rezzo è stato emozionante. Sono arrivato al mattino presto e ho fatto il giro della Giara di Rezzo (l’affluente dell’Arroscia che scorre sotto il paese) passando dal famoso Ponte Napoleonico, poi ho percorso a piedi tutto il paese infilandomi nei vicoli più stretti. Ho rivisto i luoghi delle foto del nonno dal vivo (una l’ho scattata identica), ma non ricordo quasi più nulla. La Locanda Bertone non esiste più da diversi anni. La via principale è rimasta praticamente identica, con la vista sui giardini pubblici, il marciapiede enorme sulla sinistra a salire: è un ricordo lucido. Sono anche andato alla fontana dei Passi e al celebre Santuario del quale parlava sempre mia nonna (ma è un’altra storia). Sono rimasto qualche minuto nel centro della Pagoda, ho percorso quella scalinata, visto il Castello. Sono andato a trovare un paio di amici che hanno scelto (controtendenza) di vivere a Rezzo. È stata una giornata strana, particolare, ma che ho assaporato lentamente in ogni singolo istante. Ho scelto 20 foto (perché qua si parla ancora di fotografia), alcune sono iconiche, ma solo per il sottoscritto. Quando le osservo quasi non ci credo, mi commuovo. È stato bello.

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L’ultimo pescatore d’inverno

POSTED ON 10 Gen 2023 IN Portrait     TAGS: sea, winter, pier

L'ultimo pescatore d'inverno

Chiunque sa fare il pescatore, di maggio.
– Ernest Hemingway

Golden Goal

POSTED ON 6 Gen 2023 IN Beach     TAGS: sea, winter

Golden Goal

Voglia di giocare

POSTED ON 3 Gen 2023 IN Beach, Portrait     TAGS: children, silver, vintage, sea

Voglia di giocare

Forse è l’inizio del nuovo anno che porta novità, ma in questo periodo mi torna sempre la voglia di giocare (il titolo ha un doppio significato) con le ottiche vintage. E durante una gita -veloce- sulla spiaggia di Pietra Ligure ho deciso di portare con il me il meraviglioso Takumar 135mm F/2,5 Super-Multi-Coated: ovviamente mi riferisco alla seconda versione, quella più ricercata (e costosa) per via delle sue elevatissime prestazioni ottiche. Molti fotografi esperti concordano infatti nel dire che questo modello (a 6 elementi) sia il miglior 135mm mai prodotto. In realtà, nonostante l’altissima qualità, credo che le ottiche moderne abbiano (sotto certi aspetti) una resa migliore; diciamo che se restringiamo il campo alle ottiche che possiamo definire vintage è chiaro che la definizione miglior 135 mai prodotto assume un significato più reale. E per provare un’ottica antica non potevo che scegliere un soggetto decisamente più giovane (differenza di età circa 40 anni): peccato che la modella, allegra e sbarazzina, fosse in vena di correre sulla spiaggia e fotografare con il 135mm a fuoco manuale una bambina che corre senza mai fermarsi non è proprio un gioco da ragazzi. :-)

Giochi di Spiaggia

POSTED ON 3 Gen 2023 IN Beach, Portrait     TAGS: children, sea

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Aperitivo sul mare

POSTED ON 2 Gen 2023 IN Beach     TAGS: sea, winter

Aperitivo sul mare

A suo tempo avevo iniziato la tradizione del primo post, cioè di quella foto scattata il primo giorno dell’anno. Poi nel tempo si era trasformata in qualcosa di alternativo, ma quest’anno, complice una visita alla spiaggia di Pietra Ligure e una giornata calda (la colonnina di mercurio segnava 15 gradi), ma comunque uggiosa e invernale, sono riuscito a scattare qualche foto interessante proprio a capodanno. E mentre camminavo sul lungomare ho notato questo aperitivo sul mare, una contrapposizione forte fra i colori freddi della spiaggia, delle nuvole e dell’isola Gallinara sullo sfondo e i colori caldi del dehor e della vita mondana. E credo, senza paura di smentita, che questa sia la più bella foto che io abbia mai scattato a capodanno. Certo, non posso dire che la concorrenza sia agguerrita. :-)

#25novembre

POSTED ON 25 Nov 2022 IN City & Architecture     TAGS: installationart, red

#25novembre

Chi è nell’errore compensa con la violenza ciò che gli manca in verità e forza.
– Johann Wolfgang Goethe

Un raggio di sole

POSTED ON 4 Ott 2022 IN Reportage     TAGS: urbex

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In Italia ci sono tutta una serie di luoghi abbandonati a metà. Tipicamente si parla di strutture comprate nell’idea di un rilancio sociale ed economico e poi nuovamente lasciate al loro destino; le cause sono sempre le stesse e non è difficile indovinare: finiscono i soldi. Quasi sempre perché non si sono calcolati costi e tempi in modo adeguato. Chiaramente sono tutte ipotesi, ma la pandemia che ha colpito il nostro paese (e non solo) non ha fatto altro che aumentare il disagio e le difficoltà. Nel caso di questa storica villa adagiata sul mare il caso è ancora più complicato: fu prima clinica per malati di tubercolosi, poi centro riabilitativo ortopedico e consultorio. Venne donata oltre quarant’anni fa da una famiglia torinese ad una precisa condizione: che fosse utilizzata a fini socio-sanitari. Purtroppo però i denari non sono mai abbastanza e la regione, proprietaria della struttura, decise di venderla per fare cassa. E non è servito a nulla il ricorso al TAR presentato nel 2008 dagli eredi della famiglia torinese proprio facendo riferimento al vincolo di destinazione a fini socio-sanitari.

Nel 2012, in calce ad un articolo che spiegava la travagliata situazione, si poteva leggere questo commento: “Io ci abito affianco, stanno distruggendo tutto, scavano con gigantesche ruspe e disboscano giorno dopo giorno potando alberi sanissimi sino all’osso senza apparente senso, se non quello di farli morire. Dall’alto continuano a far scendere quintali di detriti. E’ una tristezza, nel parco la sera c’erano le lucciole e si vedevano e sentivano specie di uccelli stranissimi. Ora tutto tace. A parte il frastuono delle ruspe.

Le notizie in merito alla situazione si fermano proprio al 2012 e non c’è traccia di quanto successo negli ultimi 10 anni. Sicuramente i lavori sono fermi da tempo e non sembra ci sia nessuna intenzione di proseguire: l’immobile tornerà alla Regione? Oppure, dopo essere stato violentato e abbandonato, diventerà l’ennesimo esempio di sfacelo all’italiana?

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